Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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207188LIBRO& che di già erano apparecchiati per approuar quell’opera. All’hora ſalto ſuori Licinio Matematico, & diſſe gli
Alabandei eſſere aſſai ſuegliati in tutte le coſe ciuili, ma per non molto gran peccato di ſeruar il Decoro eſſer giudi-
cati poco ſaui, perche tutte le Statue, che ſono nel lor Gitanaſio, poſte pareno trattar le cauſe, e quelle, che ſono nel
foro tener i deſchi, ò correre, ò giocar alla palla.
Et coſi lo ſtato delle figure ſenza Decoro tra le propieta de i luoghi
hauerli accreſciuto difetto della riputatione della città.
Ma uediamo ancho che à noſtri tempi la Scena di Apaturio non ci faccia Alabandei, ouero Abderiti: perche chi di uoi
puo hauere le tegole de i tetti le Caſe?
ò le Colonne? ò i Frontiſpici, perche queſte coſe ſi poneuano ſopra i taſſelli,
ma non ſopra le Tegole da i tetti.
Se adunque le coſe, che non poſſono hauere la uerità del fatto, ſeranno da noi ap-
prouate nelle pitture, uerremo anchora noi à conſentire, à quelle città, che per tali diffetti ſono ſtate giudicate di
poco ſapere.
Adunque Apaturio non hebbe ardimen to di riſpondere alcuna coſa contra, ma leuò la Scena, & muta
1110 tala alla ragione del uero, poi che fu acconcia, l’approuò.
O haueſſero uoluto i dei immortali, che Licinio fuſſe torna
to uiuo, &
correggeſe queſta pazzia, & gli erranti ordini di queſte coperte. Ma egli non ſerà fuor di propoſito eſpli
care, perche la ragion falſa uinca la uerità, perche quello, che affaticandoſi gli antichi, e ponendoui in duſtria tenta-
uano di approuare con le arti, à noſtri giorni ſi conſegue con i colori, &
con la uaghezza loro, & quella authorità,
che la ſottilità dello artifice daua alle opere, hora la ſpeſa del patrone fa, che non ſia deſiderata, perche chi è colui
de gli antichi, che non habbia uſato parcamente come una medicina il Minio?
Ma à di noſtri per tutto il piu del-
le uolte ſono di Minio tutti i pareti coperti, &
ſe gli aggiugne ancho, e ſe gli da di Borace, d’Oſtro, d’Armenio, &
queſte coſe quando ſi danno à i pareti, ſe ben non ſeranno poſte artificioſament, enientedimeno danno à gli occhi
non ſo che di ſplendore, &
perche ſono precioſe coſe, & uagliono aſlai, però ſono eccettuate dalle leggi, che dal pa
trone, &
non da colui che piglia l’opere ſono rappreſentate. Io ho eſpoſto aſſai quelle coſe, nellequali ho potuto far
2220 auuertito chi copre i pareti, accioche non cada in errore.
Hora dirò, come preparare ſi deono, come mi potrà uenir
in mente, &
perche da prima s’è detto della calce, hora ci reſta à parlare del marmo.
Quello, che biſogni dipigner in diuerſe ſtanze, accioche ſia ſeruato il Decoro, Vitr, ce lo ha dimostrato in parte nel precedente cap. & in par
te hora ce lo inſegna.
Et dalla diſſinitione della pittura ua argomentando quello, che ſta bene, & poiriprende liberamente le uſanze de i pit-
tori de i tempi ſuoi, come che habbiano deuiato molto dalla certa, &
giusta ragione de gli antichi. Doue grandemente s’oppone à quella ma
mera di pitture, che noi chiamamo Grotteſche, come coſa che non poſſa stare in modo alcuno, perche ſe la pittura e una imitatione delle coſe,
che ſono, ò che poſſono eſſere come potremo dire, che ſtia bene quello, che nelle Grotteſche ſi uede?
come ſono animali, che portano Tempi,
colonne di cannuccie, artigli di moſtri, difformita di nature, miſti di ucrie ſpecie:
Certo ſi come la Fantaſia nel ſogno ci rappreſenta conſu-
ſamente le imagini delle eoſe, e ſpeſſo pone inſieme nature diuerſe, coſi potemo dire, che facciano le Grotteſche, lequali ſenza dubbio potemo
nominare ſogni della pittura.
Simil coſa uedemo noi nelp arti del parlare, imperoche il Dialetico ſi forza di ſatisfare alla ragione, l’Orato-
3330 re al ſenſo, &
alla ragione, il Poeta alquanto piu al ſenſo, & al diletto, che alla ragione, il Sofiſta fa coſe moſtruoſe, e tali, quali cirappreſen
ta la fantaſia, quando i noſtri ſentimenti ſono chiuſi dal ſonno.
Quanto mo che ſia da lodare un ſofiſta, io lo laſcio giudicare, à chi ſa fare
differenze tra il falſo, e’l uero, trailuero, e’lueroiſimile.
Et perche Vitr. e ſacile, & Plinio nel lib. X X X V. ci da molto lume in queſta ma
teria, io non faro altro à pompa, ma per quanto io dalle coſe uedute, &
lette poſſo comprendere trouo, che la pittura ſi come ogn’altra coſa,
che ſi fa da gli huomini, prima deue hauere intentioni, &
rappreſentar qualche effetto, alquale effetto ſia indrizzata tutta la compoſitione,
&
ſi come le ſauole denno eſſere utili alla uita de gli huomini, & la Muſica hauer deue la ſua intentione, coſi ancbo la pittura. Dapoi ſi uuol
ben ſapere contornar le coſe, &
hauere le Simmetrie di tutte le parti, & la riſpondenze di quelle tra ſe. Et con il tutto indile mouenze, e gii
atti tah, che parino di coſe uiue, &
non dipinte, & dimoſtrino gli affetti, e, i, costumi, ilche e di pochi, in ſomma poi (che e coſa di pochisſimi)
&
à noſtri di non e à pena conſiderata, & è la perfettione áll’ arte, fare i contorni di modo dolci, & sfumati, che ancho s’intenda, quel che
non ſi uede, anzi che l’occhio penſi di uedere, quello ch’egli uede, che è un fuggir dolcisſimo una tenerezza nell’ orizonte della uiſta noſtra,
4440 che e, &
non e, & che ſolo ſi fa con infinita pratica, & che diletta à chi non ſa piu oltra, & fa ſtupire, chi bene la intende. Laſcio ſtare i
colori conuenienti la meſcolanza di quelli, &
la uaghezza, la morbidezza delle carni nelle imagini muliebri, che ſcuoprono i muſculi, ma in
modo, che ſi intendino i panni, che fanno fede del nudo, le pieghe dolci, la ſueltezza, i lontani, gli ſcorzi, l’altezza della uiſta, &
altre coſe,
che ſono nel dipignere ſommamente commodate, &
uago ſaria, & fuori dell’ instituto nostro à uoler parlare piu diffuſamente, & chi ha con-
ſiderato molte pitture di diuerſi ualenti buomini, &
che ha ſentito ragionare, & con diletto, & attentioue ha aſcoltato gli altri, puo molto
ben ſapere di quanta importanza ſia, &
quãto abbraccia quello, che io ho accennato; il reſto di Vitr. è maniſeſto ſino alla fine del libro, che
io non ho uoluto aggiugnerui altro, parendomi, che Vitr.
habbi aſſai chiaramente parlato, ci reſta hora à dire di molti ornamenti, che ſi fan-
no nella Città come Piramidi, Obeliſci, Sepulchri, Titoli, Colonne, &
altre coſe ſimili, ma hoggimai le coſe antiche di Roma ſono ſtate mi-
ſurate piu uolte, &
poste in luce da molti ualenti buomini, di modo che ſarà di minor fatica ueder à un tratto le pitture, & miſurarle, che
leggere molte carte, che io potesſi fare;
Eſorto bene ogn’uno, che ſia studioſo dell’antichità, & imitator de buom, & che ſi forzi render ra-
5550 gione di quello, che egli fa, eſercitandoſi nelle arti liberali &
ſpecialmente nelle. I I I I. diſcipline, che ſono quattro porte principali di tutti
gli edifici, ſtrumenti, inuentioni, che ſono ſtati, ſono, &
che ſaranno, & chi ancho uuole hauere qualche ammaestramento delle ſopradette
coſe, legga nel nono libro di Leonbatiſta, &
oſſerui i precetti ſuoi
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CAP. VI. IN CHE MODO S’APPARECCHI
IL MARMO PER GLI
COPRIMENTI.
NON di una ſteſſa maniera in ogni paeſe ſi genera il Marmo, ma in alcuni luoghi naſcono le Glebe
come di ſale, che hanno le miche lucide, &
riſplendẽti, le quali peſte, & ammollite danno grande uti
lità nelle coperte, &
nelle cornici, ma in quei luoghi ne i quai non ſi trouano tai coſe. Peſtanſi con
i piſtelli di ferro, &
ſi criuellano i cementi di Marmo, ò uero le ſcaglie, che cadono dalle pietre ta-
gliate da i marmorari, &
queſte cernite ſi parteno in tre maniere, & quella parte, che ſarà piu gran
de, (come ſi è detto di ſopra) con la calce ſi dia con l’arenato, dapoi la ſeguente, &
la terza, che ſarà
7770 piu ſottile, date queſte coſe, &
con diligenza pareggiate, & liſciate, habbiaſi ragione à dare i colori in guiſa, che man
dino fuori lucenti raggi, &
ſplendori, de i quali queſta ſarà la prima differenza, & apparato.

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