Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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220201LIBRO NONO
DELLA ARCHITETTVRA
DI M. VITRVVIO.
103[Figure 103]1110
PROEMIO.
IMAGGIORI de, i, Greci conſtituirono coſi grandi honori à que nobili Athleti,
che uinto haueſſero i giuochi Olimpij, Pithij, Iſtmici, e Nemei, che non ſolamente
ſtando quelli tra la moltitudine de gli huomini con la palma, &
con la corona rippor
tano lode;
ma ancho nelle loro patrie ritornati con uittoria trionfando nelle carette
2220 ſono dentro delle mura, &
delle loro terre portati, & in uita loro per publica delibera-
tione uiueno d’entrata.
Queſto adunque auuertendo io, prendo meraniglia, perche
cagione non ſono attribuiti gli iſtesſi, &
ancho piu grandi honori, à gli ſcrittori, che
continuamẽte danno ad ognuno infinita utilità, Imperoche piu degna coſa, &
piu ra
gionenole era, che queſto fuſſe ordinato, perche gli Athleti con l’eſſer citio fanno i cor
pi loro piu robuſti, ma gli ſcrittori non ſolamente fanno perfetti i lor propi ſentimen
ti, ma anchora di tutti gli altri apparecchiandoli ne i libri i precetti d’onde habbiano
ad imparare, &
facciano i loro animi acuti, e riſuegliati. Perche di gratia di che giouamento e ſtato à gli huomini
Milone Crotoniate, perche egli ſia ſtato inſuperabile?
& gli altri ancho, che in quella maniera ſono ſtati uincitori?
ſe non che quelli mentre uiſſero tra i ſuoi cittadini hanno hauuto di nobiltà. Ma i precetti di Pithagora di Democri-
3330 to, di Platone, &
di Ariſtotile, & di tutti gli altri Saui tutto il giorno di continua iuduſtria ornati, non ſolo à i loro
Cittadini, ma à tutte le genti freſchi, e fioriti frutti mandano in luce, de i quali coloro, che da i teneri anni con ab-
bondanza di dottrine ſatiati ſi ſono, hanno ottimi ſentimenti della ſapienza, &
danno alle Città coſtumi della huma
nità, ragioni eguali, e leggi, lequai coſe quando ſono lontane, niuna Città puo ſtar bene.
Eſſendo adunque dalla
prudenza de ſcrittori coſi gran doni in priuato, &
in publico à gli huomini apparecchiati, io penſo che non ſolamen
te dare ſi debbiano à quelli corone, &
palme. ma ancho per decreto deliberare di dargli i trionfi, & tra le ſedi de gli Dei
conſecrargli.
Io narrero di molti loro penſamenti alcuni eſſempi, che ſtati ſono utili à gli huomini, per paſſare la lo
ro uita commodamente, i quali chiunque uorrà riconoſcere, conuerrà conſeſſare queſti eſſer degni di grande ho-
nore.
Et prima io ponero una ragione di Platone tra molti utilisſimi diſcorſi, in che maniera ſia ſtata da lui
eſplicata.
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ISPEDITE le ragioni, che appartengono alle fabriche, ſi publiche come priuate. Hora ſi uiene alla ſeconda parte
principale dell’ Architettura detta Gnomonica, &
ſi uede gli effetti, che fanno i lucenti corpi del Cielo con i raggi loro nel
mondo, &
perche la preſente parte ci leua da terra mentre contempla la diuinità del Cielo con la grandezza ſua, & col
ſuo uelocisſimo mouimento, però Vitr.
pone un Proemio à ſimile trattamento conuenientisſimo, parendogli, che quegli
huomini, che ritrouato hanno le ſottilisſime ragioni delle alte coſe, degni ſiano de gli honori Celeſti, perche non tanto al-
l’utilità loro quanto al beneficio commune hanno riguardato, &
non in un tempo, in una età, in un ſecolo ſolo, ma del
contmuo ſono, &
ſeranno ſempre di perpetuo giouamento, & quanto e piu nobile, & piu preſtante l’animo del corpo, tanto e piu degna la
uirtù d’ ogn’ altro bene.
Felici adunque chiamar ſi poſſono quegli ſaui, che con belle, & utili inuentioni s’hanno procacciato quella lode, &
quella gloria, il frutto dellaquale è paſſato in ſempiterno beneſicio del mondo, e tanto piu quanto ci hanno mostrato le coſe nobili, e precioſe,
5550 che ſi come è piu giocõdo, &
piu grato all’huomo uedere una minima parte delle loro amate coſe, che trattare le membra di tutti gli altri cor-
pi, coſi è piu degno ſapere una minuma ragione delle alte, erunote coſe, che entrare nella cognitione di molte, che ci ſono famigliari, &
pero
ben dice un Poeta.
Veramente felici, è fortunate,
Furon quell’alme, à quai prima fu dato,
Conoſcer coſe ſi belle, e pregiate.
Ben lor ſucceſſe quel penſier beato,
Che fu da ſcender, à ſtellatì chiostri,
Et pareggiar con la Virtute il Fato.
Quest’è credibil, che gli horribil moſtri,
Vinceſſer de gli errori, &
ch’ogni gioco
Laſciaſſer, ch’ammoliſce i petti noſtri.
Non ſcaldò i petti lor Pardente fuoco.
Di Venere crudel, ne uino, ò coſa,
Ch’impediſſe lor corſo molto, ò poco.
Non la turba del Foro litigioſa,
Non la dura Militia, non la uana,
Ambitione, ò la gloria pompoſa.
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L’ingordiggia dell’or empia, inhumana,
Non piegò punto gli animi di quelli,
Ch’eran riuolti alla parte ſoprana.
Chi uorrà adunque comparare à ſimil huomini gli Athleti? chi i Gladiatori? ò altri, che per uittorie, ò, beneficij preſenti s’hanno obbligate le gen
ti?
meritamente adunque douemo inſieme con Vitr. giudicare, che gli inuentori delle utili, è belle coſe meritino piu presto gli honori celesti,
che quelli, che à tempo de Greei fiorirono di gloria per le forze del corpo dimoſtrate in quei giuochi, che ad honore di diuerſi Dei, &
heroi,
coſi ponpoſamente, &
con tanto concorſo di popoli ſi celebrauano. Come erano i Giuochi Olympij in honore di Gioue, i Pithij in honor
d’ Appolline, i Nemei in honore di Archimoro, gli Iſthmici in honore di Palemone.
Ma noi laſciamo quello, che in Vitr. è da ſe manifeſto, e
uegniamo ad alcune belle inuentioni, che egli pone di alcuni antichi ſaui, &
prima di Platone nel Primo, poi di Pythagora nel ſecondo, & in
7770 fine di Archimede, di Eratoſthene, &
di Archita nel Terzo.

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