Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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228209NONO. egli è ſtato fatto un ſimigliante ſodo h ſecondo l’intento noſtro, & qui hauemo l’uſo de gli ſtrumenti, & delle dimoſtrationi ſoprapoſte. Di
piu ancho ſe egli ſi haueſſe à far un cubo eguale ad un ſodo quadrangulare, biſognerehbe far à queſto modo, ſia il proposto ſodo quadran-
gulare a b c d, la cui larghezza ſia a b, l’altezza b c, la lungbezza c d.
biſogna formar un cubo eguale ä quello. Trouiſi per l’ultima del ſecon
do il lato quadrato del piano a b c, cioe una linea dritta il cui quadrato eguale ſia al piano a b c, laqual dritta linea ſiae, &
ſecondo alcuno de
i ſopradetti modi trouinſi due linee proportionali tra la, e, &
la c d, & ſian quelle f g, dico che’l cubo fatto della linea ſ, ſer à eguale al detto
ſodo a b c d.
imperoche per la ſomma della uigeſimanona del ſeſto il quadrato del f, al quadrato dell’e, ſi ha come c d, ad f, & perche per la trẽ
teſima quarta dell’undecimo i ſodi di linee paralelle, de i quali le baſe alle altezze uicendeuolmente riſpondono, ſono eguali però ne ſegue, che il
cubo fatto della f, ſia eguali al ſodo quadrangulare detto paralellogrammo a b c d, &
coſi hauemo la nostra intentione d’hauer trouato ad un
quadrangulare di linee paralelle un ſodo eguale.
Et di qua ſi raccoglie, che ſenza difficulta ſi riduce ad un cubo una colonna laterale, dellaquale gli oppoſti piani ſono paralelli, & coſi tutti gli al-
1110 tri paralellogrammi, perche un paralellipedo, che ha per baſa un quadrato eguale alla baſa d’una colonna laterata, &
egual altezza alla
isteſſa colõna è eguale ad eſſa colõna, Qui biſognerebbe anchora uagare, et dimostrare come diuerſe figure ſi mutano in altre figure, come ſi rad
doppiano, &
ancho ſi triplicano, e quadruplicano, ma troppo longo ſarebbe, & tedioſo, oltre che i principij dati di ſopra ci poſſono ſerui
re aſſai, però torneremo à Vitr ilqual dice.
Concioſia adunque, che con ſi grandi piaceri delle dottrine tai coſe ſiano ſtate auuertite, & naturalmente forzati ſiamo
mouerſi per le inuentioni di ciaſcuna coſa conſiderandone gli effetti, mentre che io con attentione riguardo à mol-
te coſe, io prẽdo nõ poca ammiratione de i uolumi cõpoſti da Democrito d’intorno alla natura delle coſe, &
di quel
ſuo commentario intitolato Chirotonito, nelquale ancho egli uſaua lo anello ſigillando cõ cera fatta di Minio quel-
le coſe, che egli haueua ſperimentato.
Qui leggierei cirocinnauos perche ciros ſigniſica la cera, & cinnauos le’ imagini, che tengono gli ſtatuari dinanzi a gli occhi, coſi Democrito nella2
2220 cera imprimendo le ſue eſperienze per ricordarſele ſe le teneua dinanzi à gli occhi, &
quelle note erano come cõmentari, perche cõmetteuano
alla mente le eſperienze.
Plinio legge cirocineta, Filandro interpreta commentario di coſe ſcielte, à me pare miglior lettione quella, che io dico,
perche Vitr.
medeſimo quaſi lo dichiara dicendo.
Nelqual egli uſaua lo anello ſigillando con cera tinta di Minio quelle coſe, lequali egli haueua ſperimentate.
Certo é, che Democrito ſegnaua in cera roſſa quelle coſe, che egli uoleua ricordarſi.
Le inuentioni adunque di quegli huomini non ſolamente ſono ſtate apparecchiate à correggere i coſtumi, ma ancho
ra alla perpetua utilitâ di ciaſcuno.
Ma il grido, & la grandezza de gli Athleti in breue tempo con i corpi loro inuec-
chia, in modo, che ne quando grandemente fioriſcono, ne dapoi, ne per ammaeſtramenti queſti poſſono giouare al-
la uita humana come fanno i belli penſamenti, &
le rare inuentioni de gli huomini ſaui. Ma non ſi danno hoggi i
debiti honori ne à coſtumi, ne à precetti de gli ualenti ſcrittori, &
guardando le mẽti piu alto, che l’aere con i gradi
3330 delle memorie al Cielo ſolleuate, eternamente fanno, che non ſolo le ſentenze, ma le figure loro ſiano da i poſteri co
noſciute, è però chiunque ha la mente adorna del diletto delle lettere non puo non hauere nel petto ſuo conſecrato
il ſimulachro di Ennio Poeta come di un Dio.
Ma quelli, che as ſiduamente prendono piacere de i uerſi di Accio, nõ
tanto le uirtu delle parole, ma le figure ſue pare, che ſeco habbiano preſenti:
& coſi molti, che dopo la noſtra me-
moria naſceranno pareranno diſputare con Lucretio della natura delle coſe, come ſe egli fuſſe preſente, &
coſi del-
l’arte del dire con Cicerone, &
molti de i poſteri ragioneranno con M. Varrone della lingua latina, ſimilmente molti
ſtudio ſi della cognitione deliberando di molte coſe, che i ſaui di Grecia appareranno eſſer con quelli à ſtretto conſi-
glio, &
in ſomma le ſentenze de buonì ſcrittori eſſendo in ſiore, è ſtando i corpi lontani, quando ſono ne i conſigli, et
nelle diſputationi addotte, hãno maggior authorità, che quelle de i preſenti, perilche io ò Ceſare cõfidatomi in que
ſti authori è preſi i loro ſentimenti, è conſigli ho ſcritto queſti uolumi, &
ne i primi ſette ho trattato de gli edificij,
4440 nell’ottauo dell’acque, &
in queſto delle ragioni de i Gnomoni, come ſtati ſono da i raggi del Sole nel mondo per le
ombre de Gnomoni trouate, &
cõ che ragioni ſi allongano, & ſi ſcortano, dirò chiaramente.
Conclude Vitr. la ſua long a digreßione, & pare, che fin qui ſia stato il proemio del preſente libro, ilquale per la diuerſità delle coſe for ſe è ſtato
in tante parti diuiſo.
il tutto è non meno facile, che degno da eſſer conſiderato piu uolte.
CAP. IIII. DELL A RAGIONE DE I GNOMONI RITROVATI DA I RAGGI
DEL SOLE, ET DEL MONDO, ET DE I PIANETI.
QVELLE coſe adunque con diuina mente ſono ſtate acquiſtate, & ſeco’hanno grande ammiratio-
ne, quando egli ſi conſidera, che l’ombra equinottiale dello ſtile, è di altra grandezza in Athene
5550 di altra in Aleſſandria, di altra in Roma, ne quella ſteſſa è à Piacenza, che è in altri luoghi della ter-
ra.
Molto adunque ſono differenti le deſcrittioni de gli horologi per la mutatione de i luoghi, per-
cioche dalle grandezze dell’ombre equinottiali diſſegnate ſono le forme de gli Analemmi, de iqua
li ſi fanno le deſcrittioni delle hore, ſecõdo la ragione de i luoghi, &
dell’ombra de gli Gnomoni.
Mirabil dottrina è quella, che ci da Vitr. nel preſente libro delle coſe dell’ Aſtronomia, & piu mir abile é la breuit à ſua, però egli ſi deue con diligẽ
za, è penſamento non mediocre paſſare tutto queſto trattamento, nel quale ſi tocca breuißimamente quello, che in molti uolumi da molti è ſtato
trattato, &
perche noi non habbiamo à conſonderſi, dire mo ordinatamente ogni coſa, ponendo le parole di Vitr. lequali non parole ma ſentẽ
ze, &
concluſioni ſi poſſono nominare. Tratta adunque nel preſente libro della ragione de gli horologi da Sole, & delle ombre, & perche om
bra non è ſe non doue è il corpo luminoſo i cui raggi ſono impediti dal corpo opaco, però tratta de i corpi celeſti, che fanno lume, &
ſecondo
queſta occaſione abbraccia il mouimento del Cielo, la figura, et la miſura del tutto.
Introduce il ſuo trattamento à queſto modo, che uedendo noi
6660 quando il giorno è pare alla notte, ilqual tempo ſi chiama equinottio, che uiene due fiate all’anno una di Marzo, &
l’altra di Settembre, non in
tendendo di quelli, che ſtanno ſotto l’Equinottiale, perche lhanno ſempre, ne di quei che ſtanno ſotto il Polo, perche non lhanno mai, Vedendo
dico, che à quel tèpo dello equinottio ſul mezzo di in diuerſi luoghi.
l’ombra è diuerſamente proportionata, à gli edifici, alberi, & à tulte le coſe
leuate da terra, e dritte imperoche in alcuni luoghi l’ombra è pare alle coſe, che la fanno, in altri è maggiore, in altri è minore, grande occaſione
hauemo da mar auigliarſi, &
però per naturale instinto ci diamo à cercar d’onde uegna la diuerſità delle ombre, & uedẽdo, che queſta mutatio
ne, non può uenire ſe non dalla altezza del Sole, che à quelli tempi ad alcuni è piu alto, ad alcuni piu baſſo, cominciamo ad inuestigar il corſo
del Sole, &
coſi quello, che non potemo fare nel Cielo, deſcriuemo in terra con linee, & con figure ſeruando intiera la ragione del tutto, et chi
è tanto ſottile, &
ingenioſo, che ſappia trouare ſimili deſcrittioni, ſi può ueramente dire, che egli ſia d’intelletto diuino, & che le ſue inuentio-
ni ſiano piu preſto diuine, che humane, et questo fin qui ha detto Vitr.
Dichiara poi come ſi chiama quella deſcrittione di linee, che ſi fanno per
dimoſtrare il corſo del Sole, &
dice, che ſi chiama Analemma, & diffiniſce che coſa è Analemma dicendo.
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Analemma è ſottil ragione trouata dal corſo del Sole, & dell’ombra creſcẽte ſecondo, che ſi oſſerua dal Solſtitio del uer
no detto Bruma da gli antichi, dallaquale per ragione d’Architettura, &
per uſo di adoperar la ſeſta è ſtato nel mon
do ritrouato l’effetto.
Cominciauano gli antichi l’anno dal Solestitio del Verno, che uiene di Decembre, questo chiamauano Bruma. auuertirono, che ſul mezzo dì
l’ombr a dello stile al tempo della bruma era piu longa, che ne gli altritempi al mezzo dì, però concludeuano che à quel tempo il Sole fuſſe piu
baſſo:
Deſcriuendo adunque nel piano de i circoli, e drizzando i Gnomoni, cioè gli ſtili da ombre ſopra il piano tirauano linee da i deſcritti

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