Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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272253LIBRO DECIMO
DELLA ARCHITETTVRA
DI M. VITRVVIO.
152[Figure 152]
PROEMIO.
DICESI che in Efeſo nobile, & ampia città di Greci è ſtata da i loro maggiori con du-
ra conditione, ma con ragione non iniqua un’antica legge ordinata:
percioche l’ Ar-
chitetto quando piglia à fare un’opera publica, promette prima quanta ſpeſa ui ha
d’ãdare, fatta la ſtima al magiſtrato ſi obbligano i ſuoi beni, fin che l’opera ſia ſinita, la-
quale fornita, quando la ſpeſa riſponde a punto à quanto s’è detto, con decreti, &
ho-
nori l’ Architetto uiene ornato;
& ſimilmente ſe non piu del quarto ſi ſpende, quello
aggiugner ſi deue alla ſtima, &
ſi riſtora del publico, & egli à niuna pena, ètenuto, ma
1120 quando piu della quarta parte ſi ſpende, egli ſi piglia il dinaro de i ſuoi beni al forni-
mento dell’opera.
Dio uoleſle, che i dei immortali fatto haueſſero, che non ſolamente
alle publiche, ma alle priuate fabriche quella legge fuſſe ſtata al popolo Romano ordi-
nata, perche non ſenza caſtigo gli ignoranti ci aſſasſinerebbeno, ma ſolamente quegli,
che con ſottigliezza delle dottrine prudenti ſono, ſenza dubbio farebbono profesſione d’Architettura, ne i padri di
famiglia indotti ſarebbono à gettar infinite ſpeſe, perche poi da i loro beni ſcacciati foſſero, &
gli Architetti cõſtret
ti dal timor della pena piu diligentemente il conto della ſpeſa faceſſero, accioche i padri di famiglia, à quello, che pro-
uiſto haueſſero, ò poco piu aggiugnendo drizzaſſero la forma delle fabriche loro:
percioche colui che può prouedere
di quattrocento, ſe accreſcierà cento piu, hauendo ſperanza di condur l’opera, à compimento, con diletto, è piacere è
trattenuto:
ma chi aggrauato dalla metà della ſpeſa ò di piu, perduta la ſperanza, & gettata la ſperanza, & gettata la ſpeſa rotto il tutto cõ
2230 animo diſperato, è conſtretto à laſciar ogni coſa.
Ne pur queſto difetto è ne gli edifici, ma ancho ne i doni, che dal ma
giſtrato ſi danno al foro de i gladiatori, &
alle ſcene de giuochi, à iquali ne dimora, ne induggio ſi cõciede, ma la neceſ-
ſità con prefiſſo tempo di fornirgli conſtrigne, come ſono le ſede de gli ſpettacoli, &
il porui delle tẽde, & tutte quel-
le coſe, che all’uſanze della ſcena, al ueder del popolo con fattura, &
apparato ſi fanno. In queſte coſe ueramente bi-
ſogna hauer del buono, è penſarui ben ſopra, perche niuna di queſte coſe ſi può fare ſenza induſtria, &
manifattura,
&
ſenza uaria, & riſuegliata uiuacità de ſtudi: perche adunque tai coſe ordinate ſono à queſto modo non pare, che
ſia fuori di propoſito, prima che ſi dia principio alle opere, che cautamente, &
con diligẽza ſi eſpediſchino le ragion
loro.
Quando adunque ne la legge, ne la conſuetudine ci può forzare à queſto, & ogni Anno i Pretori è gli Edili
per li giuochi apparecchiar deono le machine, ho giudicato non alieno, poi che nei libri paſſati s’è detto de gli edifi
ci, in queſto, che ha la ſomma terminatione del corpo dell’Architettura, eſponer con precetti, quali ſiano i principi
3340 ordinati delle machine à queſto conuenienti.
HOra condotti ſiamo all’ultimo lauoro, come dice Dante, & cireſta la terza parte principale dell’ Architettura poſta nella
cognitione, &
nella diſpoſitione delle machine, & de gli strumenti, bella utile, & merauiglioſa pratica, imperoche chi é
quello, che non guardi con ſtupore un huomo ſopra le forze ſue aiutato da un picciolo ſtrumento leuare con grandißima
ageuolezza un peſo ſmiſurato?
con debil fune artificioſamente riuolta ſolleuare un ſaſſo appari d’un monte ponderoſo?
chi non legge con merauiglia le coſe fatte da Archimede? chi non pauenta all’horribile inuentione dell’ Artiglierie, lequa-
li &
col ſuono, & con l’empito, & con gli effetti imitando i tuoni, i baleni, & i fulmiini, con infrernal tormento ſono
la ſtrage del genere humano?
ma laſciamo i terrori da parte, quanta utilità di gratia, quanto piacere ci presta la inuentione delle ruote, il
modo di alzar l’acque, gli ſtrumenti da fiato, le coſe che da ſe ſi mouono?
et quello che fa la natura, perche niente ſia di uoto? Non è dunque che
4450 noi merauiglia prendiamo, ſe questa è una parte delle principali dell’ Architettura.
Di queſta adunque tratta Vitr. nel decimo, & ultimo li-
bro ſecondo la promeſſa fattaci per inanzi.
Di questa ancho ne ragioneremo noi quanto al preſente negotio ſtimeremo biſognare: Auuertendo
prima (ſecondo che ne gli altri libri fatto hauemo) à gliutili precetti dati da Vitr.
nel proemio di questo libro, nel quale, dio uoleſſe, che ſi come
ſi troua un mirabile prouedimento, coſi egli foſſe oſſeruato ſempre, &
ſi oſſeruaſſe tuttauia, perche eſſendo stata una legge in Efeſo, che gli Ar-
chitetti laude, &
honore meritaſſero, quando la ſpeſa delle fabriche non fuſſe maggiore, di quello, che predetto haueſſero, & di danno, è biaſimo
fuſſero debitori, quando oltra la quarta parte eccedeſſe il primo computo, ſapendo gli huomini, che fabricar uoleſſero di che morte haueſſero à
morire, ò non ſi laſciarebbero imbarcare, eſſendo la ſpeſa maggiore delle forze loro, ò à tẽpo prouederebbono al biſogno, &
non ſi farebbe quel-
lo, che à dinostri molti fanno, che per una certa uanità (credo io) con priuate forze cominciano caſe regali, &
ſe ne reſtano ſul bello, hauendo
però fornito, &
adornato con quella ſpeſa che ſi puo maggiore le parti fatte con iſtucchi, oro, pitture, é guarnimenti tali, che ſe il tutto à que
principi riſpondeſſe, non basterebbe un regno à dargli compimento di modo, che quello, che è fatto, ſi getta, &
quello, che ſi deue fare, s’aban
5560 dona.
Ma laſciamo quelli parere, ò eſſer quello, che parer, ò eſſer uogliono, confidandoſi noi ne i precetti, & ne i pareri de i buoni crediamo (co-
me altre fiate s’è detto) che i meglio ſpeſi danari ſono que primi, che ſi danno à un buon’ Architetto, perche da quella prima ſpeſa ogni coſa
prende un buono inuiamento, &
douendoſi ſpendere de molte migliaia di ſcudi, eſſer non ſi deue parco, a chi ben conſiglia, per aßicurarſi quan
to piu ſi può, per l’utile, &
per l’honore. Quella legge adunque, che dice Vitr. eſſer ſtata in Eſeſo con dura conditione, ma con giuſta ragione
ordinata, staria bene à noſtri giorni, &
in quelle coſe ancho, doue è piu ſubitaoccaſione di ſpendere, piu pericolo di deliberare, & men commo-
dità di uederne il conto, come è ne gli apparati delle feste, &
de i giuochi publici, nelle ſcene, & ne i concieri, che ſi fanno à tempo, ne i quali Ro
mani del publico ſpendeuano gran quantità didinari, doue è neceſſario hauere fedeli, et ingenioſi ministri, ſuegliati inucentori, &
eſſercitati Ar
chitetti delle coſe, che trouino la facilità, &
non uadino per la lunga. Hora per fuggire queſta ignoranzà, ò uanità, è neceſſario ſapere come ua
tutta la materia preſente, doue dopo il proemio ſi ragiona delle machine, et de gli inſtrumenti, ſi di quelli, che hanno riguardo à gli ſtudi della pa
ce, de iquali alcuni ſono per cõmodo, alcuni per diletto, come di quelli, che hãno riſpetto alle coſe della guerra, la doue nel primo capo Vitr.
diffi-
6670 niſce che coſa è machina, quale differenza è tra machina, &
inſtrumento, diſtingue le ſorti delle machiue, e tratta dell’origine di quelle, et dal ſe-
condo fin al nono parla delle machine da leuar, e tirar i peſi, et ci eſplica la ragione de diuerſi modi apartenenti à peſi dal nono ſin al terzodeci-
mo ci da gli ammaeſtramenti di far molte ruote, et artifici di alzar, e uotar l’acque, di macinare, et di far’altre ſimiglianti coſe utili, dallequali
partendoſi dal terzodecimo fin al quintodecimo ci dimoſtra la ragione di far le machine hidraulice, che ſono organi con ragione muſicali com-
poſti, che piaceuolmente per uia d’acqua, et diſpirito mandano fuori dolci concenti, et ci dichiara poi il modo di miſurare il uiaggio fatto ò in
caretta, ò in naue, et poſto fine à queſti ragionamenti paſſa à quelle machine, che ci ſeruono à biſogni della guerra, et à i ſoprastanti

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