Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

Table of contents

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[81.] CAP. III. DELLA DISPOSITIONE DE I VOLTI DEL MODO DI COPRIRE, ET D’INCRO-STAR I MVRI.
[82.] CAP. IIII. DELLE POLITVRE, NE I LVOGHI HVMIDI.
[83.] CAP. V. DELLA RAGIONE DEL DIPIGNERE NE GLI EDIFICII.
[84.] CAP. VI. IN CHE MODO S’APPARECCHI IL MARMO PER GLI COPRIMENTI.
[85.] CAP. VII. DE I COLORI, ET PRIMA DELL’OCHREA.
[86.] CAP. VIII. DELLE RAGIONI DEL MINIO.
[87.] CAP. IX. DELLA TEMPERATVRA DEL MINIO.
[88.] CAP. X. DE I COLORI ARTIFICIOSI.
[89.] CAP. XI. DELLE TEMPRE DEL COLOR CERVLEO.
[90.] CAP. XII. COME SI FACCIA LA CERVSA, IL VERDERAME, ET LA SANDARACA.
[91.] CAP. XIII. IN CHE MODO SI FACCIA L’OSTRO ECCELLEN-TISSIMO DI TVTTI I COLORI ARTIFICIALI.
[92.] CAP. XIIII. DE I COLORI PVRPVREI.
[93.] IL FINE DEL SETTIMO LIBRO.
[94.] DELLA ARCHITETTVRA DIM. VITRVVIO.
[95.] PROEMIO.
[96.] CAP. PRIMO DELLA INVEN-TIONE DELL’ACQVA.
[97.] CAP. II. DELL’ACQVE DELLE PIOGGIE. Qui tratta della natura dell’acque, & prima delle piouane, & poi dell’altre.
[98.] CAPITOLO.
[99.] CAP. III. DELL’ACQVE CALDE, ET CHE FORZE HANNO DA DIVERSI ME- TALLI D’ONDE ESCONO, ET DELLA NATVRA DI VARII FONTI, LAGHI, ET FIVMARE.
[100.] CAP. IIII. DELLA PROPIETA D’ALCVNI LVOGHI ET FONTI.
[101.] CAP. V. DE GLI ESPERIMENTI DELL’ACQVA.
[102.] CAP. VI. DEL CONDVRRE, ET LIVELLARE L’ACQVE ET DE GLI STRVMENTI BVONI A TALI EFFETTI.
[103.] CAP. VII. A QVANTI MODI SI CON-DVCHINO LE ACQVE.
[104.] IL FINE DELL’OTTAVO LIBRO.
[105.] DELLA ARCHITETTVRA DI M. VITRVVIO.
[106.] PROEMIO.
[107.] CAP L IL MODO RITTROVATO DA PLA TONE PER MISVRARE VN CAMPO.
[108.] CAP II. DELLA SQVADRA IN-VENTIONE DI PITHAGO RA PER FORMAR L’ANGV- LO GIVSTO.
[109.] CAP. III. COME SI POSSA CONOSCER VNA PORTIONE D’ARGENTO MESCOLATA CON L’ORO FINITA L’OPERA.
[110.] AL RE PTOLOMEO ERATOSTHENE SALVTE.
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7365TERZO.
Soleuano gli antichi chiamare aſſe ogni coſa intiera (come detto hauemo nel primo Libro)& partire quella nelle ſue parti, & come quelli, che
felicemente interpretauano le coſe di Greci molto propiamente ragionauano di quelle.
Volleno adunque gli antichi (come la ragione anche ci
dimoſtra) che li ſei fuβe numero perfetto, &
lo chiamarono aſſe. Queεto hauendo le parti ſue, ci dimoſtraua per il nome di eſſe quali ſuſſe-
ro, &
però l’una ſi chiamaua ſeſtante, perche uno è la ſeſta parte di ſei. Le due triente, per eſſer la terza. Il tre ſemiſſe quaſi mezzo Aſſe
per eβer tre la metà di ſei, il quattro beſſe, perche leua due parti dal tutto, et in Greco Dimerone ſi dice, il cinque quintario, che pentameroni ſi
dice, &
noi cinque parti dicemo. Ma poi che ſopra il numero perſetto ſi pone la unita, gia ſi comincia à raddoppiar l’altro Aſſe per uenire al
dodici, che ancho aſſe doppio ſi può dire, &
pero in Greco diplaſiona, è, nominato. Lè ſette parti ſi chiamanan eſeεton, quaſi ſopra aggiunta
del ſei, l’otto ſi chiaman tertiario, perche oltra ſei aggiugne due, che ſono la terza parte del ſei, &
pero in Greco ſon dette Epitritos, cioe
che ſopra aggiugne la terza parte al ſei;
noue ſon dette numero ſeſquialtero, & Hemiolio perche noue contiene ſei una uolta, è mezza. Ma fat-
to dieci chiamaſi bes alterum cioe Paltro bes, perche il primo (come dicemo)era quattro &
chiamauaſi dimerone, quaſi di due parti, & però
1110 queſto ſi chiama Epidmerone, come egli aggiunga à ſei due parti di eſſo.
Similmente Epipentamerone ſi chiama l’undeci, che è il ſopragiunto
quintario, et in queſto modo le parti de i numeri ſi chiamano ſecondo diuerſi rifpetti, et queſto ha uoluto dir Vitr.
doue pare che egli habbia uo
luto che ſei ſia numero perfetto, per la iſteſſa ragione, che dieciè perfetto, cioè perche giunti che ſiamo à dieci tornamo da capo dall’unit à fin
che ſi cőpia l’altra decina, che con due croci, è, deſcritta, coſi ancho giunti al ſei ſecondo, da i Mathematici ſi ritorna à gli iſtesſi nomi, fin all’al-
tro aβe, che è dodeci, ma io ſtimo che Vit.
habbia accennato ancho la noſtra ragione per laqual detto hauemo il ſei eβer perfetto, quando diβe.
Per le ragioni loro quel numero ha le parti conuenienti al numero di ſei.
Perche poſte inſieme le parti numer anti, & multiplicanti il ſei lo rendono à punto.
Et quando Vitr. diβe.
Et per queſto chiamarono l’una parte del ſei ſeſtante
Non uuole render la ragione perche il ſei ſia perfetto, ma unole dimoſtrar che eſſendo perfetto per la ragione antedetta, i Mathematicihãno uolu-
2220 to dar nome alle parti del fei, &
dimoεtrare, che ſei era un tutto, oltra’l quale ſe aſcender biſognaua numerando era neceſſario tornar da ca-
po, come nel numero denario.
Altrimenti era uana la oppoſitione de i Mathematici contra quelli, che uoleuano il dieci eſſer perfetto, ſe i
medeſimi Mathematici, haueſſer uoluto il ſei eſſer perſetto per la iſteſſa ragione, che era detto il dieci eſſer perfetto, queſto ſtimo io ſia de-
gno di conſideratione.
Similmente perche il piede è la ſeſta parte dell’altezza dell’huomo, pero coſi da quel numero de i piedi, dalqual’è mi-
ſurato, &
perfetto il corpo terminandolo in altezza con queſti ſei perfetto lo fecero.
Fcco adunque che dal numero ſenaric è εtata pigliata la ragione della miſura del corpo humano inquanto all’altezza ſua.
Et auuertirono il cubito eſſer di ſei palmi, & di uentiquattro dita.
Sicome dalle dita e uenuta la ragioue del numerare coſi ancho e uenuta la ragione del miſurare, & coſi la ragione del numero ſenario entra nelle
miſure.
Et qui parla Vitr. ſecondo la oppinione de Greci, che uoleuano ſei eſſer numero perfetto. La onde ancho alle monete trasferirono
3330 il detto numero.
Et da quello pare che la Città di Greci habbiano fatto, che ſi come il cubito è di palmi ſei, coſi ſi uſaſſe lo iſteſſo numero
nella dramma.
Voleuano i Greci, che la dramma lero haueſſe ſei oboli, & queεto riſpondeua al cubito, che contiene palmi ſei. Voleuano che ciaſcuno obolo ha-
ueβe quattro monete, che esſi chiamauano dichalchi, la onde uentiquattro dichalchi faceuano una dramma come uentiquattro dita fanno un
cubito, &
pero dice Vitr.
Perche quelle Città fecero, che nella dramma fuſſe la ualuta di ſei ramini ſegnati (come asſi)che esſi chiamano oboli, &
conſtituirono in uece di dita uentiquatrro nella dramma i quadranti de gli oboli, detti da alcuni dichalchi, da alcu-
ni trichalchi.
Era la dramma preſſo à Greci, le parti della quale, ſi chiamauano oboli, & ualeua una dramma ſei oboli, & obolo era una moneta di rame di poca
4440 ualuta, ſegnata pero, &
coniata, era l’obolo come un tutto che aβe ſi chiama, & la quarta parte, che quadrante ſi chiama, di eſſo obolo nomi-
uaſi dichalco, o uero trichalco ſecondo diuerſi riſpetti, come adunque il numero de gli oboli nella drãma riſpondeua al numero de i palmi, che
uanno à far il cubito, che ſon ſei, coſi il numero de i dichalchi, ò trichalchi nell’obolo riſpondeuan al numero delle dita, che er an uentiquattro.
La onde appare, che ancho nelle monete, i, Grecihabbiano pigliato la ragione de i numeri, & in queſto caſo crediamo à Vitr.
Ma i noſtri prima fecero l’antico numero eſſer il diece, & poſero nel denario dieci a sſi di rame, & pero ſin al di d’hoggi
la compoſitione della moneta rittiene il nome del denario, &
la quarta parte di eſſo, perche ualeua due asſi, & mez-
zo, la chiamarono ſeſtertio, ma poi hauendo poſto mente, che l’uno, &
l’altro numero era perfetto, cioè il ſei, & il
dieci, amendue inſieme raccolſero, &
fecero il fedeci perfetto, & di ciò trouarono il piede autore, perche leuando
dal cubito palmi due, reſta il piede di quattro palmi, ma il palmo ha quattro dita, &
coſi il piede uiene hauere ſe-
dici dita, &
tanti asſi il denario di rame.
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I palmi ſono due maggiore, è minore, il minore è di quattro dita, il maggiore di dodici, quello ſi chiama paleſte, queſto ſpitthame, noi chiamamo
ſpana allargando il dito groſſo, &
il minore. Dito ò digito e lo ſpacio di quattro grani d orzo poſti inſieme ſecondo la loro larghezza. Dice
adũque Vitr.
che Romani pigliarono da prima il diece come numero perfetto, & però chiamarono la moneta denario, come fin hora ſi uſa, &
in quella poſero dieci asſi di rame, &
ſe bene dapoi cõgiunſero il diece, & il ſei, uedendo, che ancho il ſei era perfetto, rittennero pero ancho
il nome del denaio mettendo ſedici asſi in un denaio, che riſpondeno à ſedeci dita, che uanno nel piede.
Stando adunque le predette coſe Vitr
conchiude, &
dice.
Se adunque è ragioneuole, & conueniente coſa, che il numero dalle dita dell’huomo ſia ſtato rittrouato, & che da i
membri ſeparati ſi faccia la corriſpondenza della miſura ſecondo la rata parte à tutta la forma del corpo, reſta che
noi ammettiamo quegli, iquali ancho fabricando i Tempi de gli Dei immortali coſi ordinarono le par†i delle opere
loro, che le diſtributioni, &
compartimenti di quelli ſeparate, & unite col tutto conuenienti fuſſero alle propor-
6660 tioni, &
ſimmetrie.
Pone in queſto luogo Vitr. la uniuerſale conchiuſione di tutto quello, che egli ha detto, però à me pare, che il primo capo di queſto Libro quiui
habbia à finire, doue ſi conchiude chiaramente, &
le miſure, & le ragioni di eſſe douer eſſer pigliate dalle miſure, & da i numeri, che ſi tro-
uano nelle parti del corpo humano, uero, &
raro eſſempio di tutte le opere di natura d’ogni perfettione. Ma ſeguitando noi la gia ſatta di-
uiſione de i capi attenderemo alle coſe, dice adunque Vitr.
I principij de, i, Tempi ſono quelli de iquali è formato lo aſpetto delle lor figure.
Con granragione Vitr. uolendoci inſegnare la fabrica de i Tempi comincia da quelle differenze, che prima ci uengono dinanzi à gli occhi, per-
che l’ordine della cognitione porta, che cominciamo dalle coſe uniuerſali, confuſe, &
indiſtinte, & poi che ſi uegna al particolare, eſplicato, è
diſtinto.
Oltra che nell’Architettura ſi deue auuertire che l’occhio habbia la parte ſua, & con la uarieta de gli aſpetti ſecondo le figure, & for
me diuerſe de i Tempi ſi dia diletto, ueneratione, &
autorita alle opere, che ſi fanno, & ſi come la oratione ha forme, & idee diuerſe per ſa-
7770 tisfar’all’orecchie, coſi habbia l’Architettura gli aſpetti, &
forme ſue per ſatisfar à gli occhi, & ſi come quello che è nella mente, & nella uo
glia noſtra ripoſto con l’artificio di leuarlo fuori di noi, &
portarlo altroue le parole, le figure, la compoſitione delle parole, i numeri, i
membri, &
le chiuſe fannno le idee, & le forme del dire, coſi le proportioni, le differenze delle figure ne gli aſpetti, i numeri, & la collocatio
ne delle parti nell’Architettura fanno le idee di eſſa, che ſono qualità delle Fabriche conuenienti à quelle coſe, per le quali ſi fanno.
altra ra-
gione di ſentenze, di artificij, di parole, di figure, di parti, di numeri, di compoſitioni, &
di termini ſi uſa uolendo eβer chiaro, puro, & ele-
gante nel dire, altra uolendo eβer grande, uehemente, aſpro, è ſeuero, &
altro ricerca la piaceuolezza, altro la bellezza, & ornamento

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