Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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IL QVINTO LIBRODELL'AR CHITETTVRA DI
M. VITRVVIO.
ESPEDITA la parte, che era ded cata alla religione, ſeguita quella, che ſi
da al commodo, & opportunit à de cittadini.
in queſta ſi dimoſtra la diſpoſitio
ne del Foro, delle Baſiliche, dello Erario, della Curia, delle prigioni, del Thea
tro, & delle coſe pertinenti al Theatro, come ſono le ſcene, i portichi, la gra
duatione, de i bagni, delle paleſtre, & de i luoghi da eſſercitarſi, & finalmen
te de i porti.
Le quali tutte coſe appartengono all' uſo della piu parte, nè ſi poſ­
ſono chiamare uer amente priuate, nè anche publiche: ma communi, perche le publiche io inten
derei eſſer le mura, & le difeſe, che egualmente a tutti ſi riferiſceno: le communi, quelle, che
all' uſo, & piacere di molti ſi deſſero.
Et le priuate, quelle che ad una ſorte ſola di perſone ſi fa­
bricaſſero.
Prepone Vitr. a queſto traltamento uno proemio degno di conſideratione. percio­
che ſi riſponde in quello a molte dimande, che ſi ſogliono fare da molti, che ogni giorno uanno ra­
gionando di Vitr. (per uſare una parola modeſta, & non dire cicalando) nè hanno letto, nè
conſiderato bene quello, che ſi tr oua in queſto autore.
Noi uedemo chiar amente che Vitr. non
ſolamente ha conſiderato, & eſſaminato bene le coſe, delle quali egli doueua dare molti ammae­
ſtraimenti, ma anchora ſi ha proposto nell' animo di eſplicare, & porgere la dottrina ſua con bel­
la maniera, & uia ragioneuole, & con modo al trattamento d'un' arte conueniente.
chi non ha
ueduto l'ordine merauiglioſo de i ſuoi precetti?
chi non ammira la ſcielta delle belle coſe? quale di
uiſione, o parte ci manca, che al luogo ſuo non ſia ottimamente collocata?
chi leuerà, o aggiu­
gnerà, che bene ſtia alcun ſuo documento?
Et ſe egli non ha parlato come Democrito, Ariſtoxeno,
Hippocrate, o come altro perfetto nella loro profeßione: Egli certamente ha parlato da Architet­
to, & ha uſato quelle uoci, che erano ammeſſe, & accettate a i tempi ſuoi, & quella forma di dire,
che ſi richiede da chi uuole inſegnare: Et perche queſta non è mia imaginatione, ho caro, che ſi
legga il proemio del preſente libro, di che ne feci auuertito il lettore, nel mio primo diſcorſo.
La
doue leg gendo noi Vitr. in queſta parte, trouaremo, quanto ho detto, eſſere ueramente stato fat
to da Vitr. con deliberato, & ragioneuol conſiglio: il quale dimoſtra quanto differente ſia lo ſcri
uere le hiſtorie, ouero i poemi, dal trattamento d'un' arte: & proua la difficultà dello inſegna­
re, & non ci laſcia anche diſiderare il modo di ſcriuere i precetti dell' arte; & però dice.
Proemio.
QVELLI, i quali con grandi uolumi hanno e ſpoſto i penſieri del loro ingegno,
& i precetti delle coſe, hanno certamente aggiunto grandiſsima, & mirabile
riputatione a i loro ſcritti.
Il che uoleſſe Iddio o Imperatore, che anche ne i
noſtri ſtudij queſto ſi comportaſſe; accioche con tale ampiezza di dire anche
nei noſtri precetti l'autorità prendeſſe augumento.
ma queſto non è, come altri penſa,
iſpedito, percioche egli non ſi ſcriue dell' Architettura, come ſi ſcriueno le hiſtorie, oue­
roi Poem.
Il ſenſo di queſte parole è, che il potere a ſuo agio ſcriuere, & ampiamente eſplicare quello, che
ſi uolge nello animo, ſenza eſſere obligato a breuità di dire, ſuole dare autorità, & credito a gli
ſcrittori, percioche a grado ſuo ciaſcuno ampiamente ſcriuendo puo ampliare, adornare, & ac­
conciare gli ſcritti ſuoi in modo, che poſſino piacere, & dilettare, & ſpecialmente, quando le co-

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