Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1cubiche de i uerſi dauano i precetti loro, & che poncuano non piu di tre cubi in uno trattamento
però formauano uno cubo grande di ducento & ſedici uerſi in queſto modo.
moltiplicauane il tre
in ſe & faceuano il ſuo quadrato, che è noue.
queſto noue moltiplicato per tre, che è lato del qua­
drato, farà mentiſette, che è il ſodo, & cubo di quel quadrato: ſimilmente l'altro cubo ſi fa d'un
numero lineare, di quattro unità continuate.
le quali moltiplicate in ſe, come egli ſi moueſſe la li­
nea, farà una ſoperſicie quadrata di ſedici.
& moltiplicata quella ſoperſicie per lo ſuo lato, the
era quattro, nè farà la ſomma di ſeſſanta quattro: riſpondente ad un ſodo cubico, che giunte al
primo cubo, che era uentiſette farà la ſomma di nouantauno.
Coſi il terzo cubo nato dal nume­
ro lineare di cinque unità, & ſoperſiciali di uenticinque, è cento & uenticinque, che aggiunto
al nouanta uno, rende la ſomma di ducento & ſedici.
A queſto numero adunque aggiogneuano
i precetti Pithagorici, i quali hauendo ſimile quantità di uerſi, cioè: eſſendo con la ragione del cu
bo raccolti, penſauano, che doueſſero hauere quella fermezza nelle menti, che ſuole bauere il da
do, quando è gettato ſopra il tauolieri.
Ma è mer auiglia, perche cagione i Pithagorici non pi­
gliaſſero il primo cubo, che è otto, & poi il ſecondo, che è uentiſette, & poi il terzo, che è ſeſ­
ſantaquattro: & non raccoglieſſero alla ſomma di nouantanoue queſti tre cubi piu preſto, che co­
minciar dal noue: Ma forſe diuideuano i trattamenti loro in cubi, & ſe il ſentimento de i loro pre­
cetti d'una materia non era compreſo dal primo cubo, aggiugneuano al ſecondo, & ſe questo
non era baſteuole, aggiugneuano al terzo, il quale era capace d'ogni ſomma.
& perche il pri­
mo cubo, che è otto, era poco per comprendere uno propoſito, però ſtimo io, che andauano al
ſecondo cubo, che è uentiſette, cauſato dal tre, che è numero priuilegiato da pithagorici.
& co­
ſi partitamente aggiugneuano i cubi ſe'l biſogno lo richiedeua, & non ſi melteuano in neceßità
di ſerrare tutti i lero trattamenti, in ducento è ſedici uerſi.
ma alcuni erano compreſi nel uenti­
ſette, altri nel ſeſſantaquattro, & altri nel ducento, & ſedici: nè uoleuano paſſare piu oltra, ſli­
mando, che troppo lungo ſaria ſtato uno trattato di quattrocento, & trentadue uerſi, che ſouo
del cubo nato dal ſei, & aggiunto alla ſomma predetta.
A queſto modo io eſponerei la mente
di Pithagora fin che ſi trouaſſe di meglio.
Et i Greci compoſitori di Comedie interponendo dal choro le canzoni diuiſero lo ſpa
tio delle fauole in modo, che facendo le parti con ragioni cubiche, con gli intermedij al­
leggieriuano il recitare de gli Attori.
Io non ho trouato anchora come i Greci faceſſero le parti, che io Atti chiamerei, con ragio­
ni cubiche, non ſi ritrouando le fauole, che ſiano hoggi dì compartite a quel modo.
Ma egli
biſognaua, o che gli Atti fuſſero otto, ouero otto ſcene.
per Atto, ouero il numero de i uerſi
d'una ſcena, o d'un' Atto fuſſe cubico.
Ma pare che Vitr. intenda gli intermedij delle fauole fat
te di numero cubo per ripoſo de i recitanti.
ſe forſe non uogliamo dire, che gli intermedij fuſſero
per ripoſo de gli attori, come il dado, o il cubo tratto ripoſa: & non ſi baueſſe a comparare al nu
mero cubo, ma allo effetto del corpo cubo, che gettato ſi ferma, ſe altri non lo moue.
& a me
pare buona eſpoſitione queſta, non mi ricor dando d'hauere letto alcuno precetto de poeti, che co
mandi il numero cubo o de gli atti, o delle ſcene, o del numero de i uerſi.
Eſſendo adunque tali coſe con natural miſura da i noſtri maggiori oſſeruate, & ueden­
do io di douere ſcriuere coſe inuſitate, & oſcure a molti, io ho giudicato con breui uolu­
mi iſpedirmi, accioche piu facilmente peruenghino a i ſenſi de i lettori; perche a queſto
modo s'intenderanno ageuolmente, & io le ho ordinate in modo, che le non ſaranno da
eſſere ſeparatamente raccolte da chi le cercheranno: ma ſaranno tutto un corpo, & in cia­
ſcun uolume con i proprij generi ſaranno eſplicate.
Adunque o Ceſare nel terzo, & nel
quarto libro io ho eſpoſto le ragioni de i Tempij, in queſto io eſpedirò le diſpoſitioni de i
luoghi publici: & primaio dirò come s'habbia a ponere il Foro, perche nel Foro ſi go­
uerna & regge da i magiſtrati, quanto ragioneuolmente appartiene al publico, & al
priuato.

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