Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1piare, ſe l'opera per alcuno impedimento non poteſſe andar inanzi, & tra gli impedimenti la ſpe
ſa
è il maggiore: però nel proemio del decimo libro loda Vitr. la legge de gli Efeſii, della pena de
gli
Architetti, che faceuano ſpendere a i conduttori molto piu di quello che haueuano affer­
mato
, & promeſſo.
Ma benche ageuolmente ſi faccia il conto, non però ageuolmente ſi cono­
ſce
, ſopra che egli ſi debbia fare: & però Vittr. nel predetto proemio dice che ſolamente quel­
li
farebbono profeſſione di Architetto, i quali con ſottigliezza di dottrine fuſſero prudenti.

Ma
piu adentro penetrando, oltra la pratica del numerare, che conſiſte nella rappreſentatione
de
i numeri, nel raccogliere, nell'abbattere, nel moltiplicare, nel partire, nello raddoppiare,
nello
ſmezare, nel cauare le radici ſi de gli intieri, come de i rotti, & anche in una certa,
& ordinata ſalita di raccogliere, che ſi chiama Progreſſione.
utile è l'Arithmetica a dimo­
ſtrare
le ragioni delle miſure, & a ſciorre le dubitationi, che per Geometria ſono inſolubili, co­
me
nel nono libro ci dimoſtra hauere & Platone, & Pithagora, & Archimede ritrouato
molte
coſe mirabili.
Et in uero uero è quello, che dice Platone, che gli huomini di natura
Arithmetici
ſono atti ad ogni diſciplina, come quelli, che in ſe habbiano prontezza, & al­
tezza
di ſpirito.
Ma perche cagione Vitr. tocca di queſte cognitioni & le ſpeculatine, & le
pratiche
?
certo non per altro, che per dimoſtrare eſſer uero, quanto egli ha detto di ſopra,
cioè
che ſi ricerca diſcorſo, et fabrica.
et che in ogni arte è la coſa ſignificata, et la ſignificante.

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