Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1
IL SETTIMO LIBRO DELL' ARCHITETTVRA DI
M. VITRVVIO.
Proemio.
ET prudentemente, & utilmente deliberarono inoſtri maggiori di laſciar
a i poſteri per relatione de Commentari i penſieri de gli animi loro, ac­
cioche non periſſero: ma in ogni eta creſcendo, & in luce mandati con
i uolumi a poco a poco con la uecchiezza perueniſſero alla ſomma ſotti­
gliezza delle dotrine.
Et però non di poche, ma d'infinite gratie a quel­
li tenuti ſiamo, che non hanno con inuidia uoluto tacere, ma hanno pro­
curato con ſcritti mandar a memoria ogni maniera di ſentimento: perche ſe coſi fatto
non haueſſero; noi non haueremmo potuto ſapere, che coſe ſtate fuſſero fatte nella città
di Troia; nè quale opinione Thalete, Democrito, Anaxagora, Xenofonte, & gli altri
Filoſofi naturali haueſſero hauuto della natura delle coſe; & qual deliberatione della uita
haueſſero a gli huomini laſciato Socrate, Platone, Ariſtotile, Zenone, Epicuro, & gli
altri Filoſofanti: ouero qual coſa, & con che ragione Creſo, Aleſſandro, Dario, & gli
altri Re fatto haueſſero, ſei maggiori noſtri, con gli amaeſtramenti alla memoria di tutti,
per la poſterità non l'haueſſero ſcriuendo inalzate.
Et però ſi come a queſti ſi deue hauer
gratie, coſi per lo contrario deono eſſer biaſimati coloro, i quali furando gli altrui ſcrit­
ti, per ſuoi gli uanno publicando, & non ſi sforzano con i propi loro penſamenti di ſcriue­
re, ma con inuidioſi coſtumi l'altrui opere uiolando ſi uantano, & però non ſolamente
ſono degni di riprenſione, ma (perche hanno menato la lor uita con empi coſtumi) eſſer
deono caſtigati.
Et però queſte coſe eſſere ſtate uendicate curionſamente da gli antichi ſi
dice: gli eſiti de i quali ne i giudicij come fuſſero, non penſo che ſia fuori di propoſito eſ­
plicare, come a noi ſono ſtati laſciati.
I Re Attalici indotti dalla dolcezza di ſapere le
ragioni delle coſe, hauendo a commun diletto fatto una bella, & egregia libraria nella
Città di Pergamo, Prolomeo d'ardente zelo di deſiderio incitato a quel tempo con non
minore induſtria ſi forzò di farne una in Aleſſandria medeſimamente: & hauendo ciò
fatto con ſomma dilgenza, non pensó che queſto fuſſe aſſai, ſe egli non haueſſe cercato di
accreſcerla con nuoue ſemenze, & però conſacrò i giuochi alle Muſe, & ad Apollo, &
come de gli Athleti, coſi a i uincitori de i communi ſcrittori ordinò premij, & ampi modi
di eſſer honorati.
Poi che queſte coſe furono ordinate, & eſſendo il tempo da fare i giuo­
chi, ſi doueua eleggere i giudici litterati, che quelli doueſſero approuare.
Il Re hauendone gia fatto, & eletto ſei, & non potendo coſi preſto ritrouare il ſetimo:
ſi conſigliò con quelli, che erano ſopraſtanti alla libraria, & dimando loro ſe haueſſero
conoſciuto alcuno, che fuſſe atto a queſto giudicio.
Riſpoſero, che era un certo detto Ariſtofane, ilquale con grande ſtudio, & con ſomma
diligenza ogni giorno per ordine compiutamente tutti que libri leggeua.
Eſſendo adun­
que nel ridotto de i giuochi partite le ſedi ſecretamente di coloro, che haueuano a giu­
dicare, chiamato Ariſtofane con gli altri, in quel luogo, che gli fu conſegnato ſi poſe.

Introdutto fu prima l'ordine de poeti al contraſto, e recitandoſi gli ſcritti loro tutto il
populo con cenni addimandaua quello, che que giudici approuaſſero.
Eſſendo adunque
dimandate da ogn'uno le oppinioni, ſei concorſero in una ſentenza iſteſſa, & quello, che

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