Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1terra, & però lungamente ſtar non puo, ma in poco tempo diuenta fredda, imperoche ſe
di natura ſua calda fuſſe, il ſuo calore non ſi raffredderebbe; ma con tutto non ſe le rende
però, nè il colore, nè il ſapore, nè l'odore di prima, perche egli è gia per la ſua rarità in­
tento, & meſcolato.
Vitr. in queſto luogo è chiaro, & dice molte belle coſe, & ſpecialmente parlando del fiume
detto Nigir, che hoggi ſi chiama il fiume di Senega, che per Aſrica ua uerſo ponente nell'Ocea­
no, il quale fa gli ſteſſi effetti, che fa il Nilo, creſce, & produce gli animali, che ſopra il Nilo
ſi uedono.
Narra la generatione delle pioggie, & con eſſempi lo dimostra, & parla della gene
ratione delle fonti, et de i fiumi.
noi per diletto porremo qui ſotto i uerſi tratti delle noſtre meteore.
Chiunque niega che'l ualor celeſte
Formar non poſſa la mondana cera,
Certo ſua mente d'ignoranza ueſte.
Et ſe'l mio dir ſalda ragion'auera
Spero moſtrar, ch'il lume, & l'influenza,
E'l mouimento han qui lor forza uera.
Quando che'l Sol da noi fa ſua partenza.
Ouer ritorna ad albergar col ſegno,
In cui comincia a mostrar ſua potenza:
Chi non conoſce al uariar del ſegno
Delle coſe uolubili, & non uede
Come faccia il terren'hor uoto, hor pregno?
Quand'a mostrar ſua bella faccia riede
Non è ſi arſiccio, & arido ceſpuglio
Che non rinuerdi, & non ne faccia fede.
Ma quando poi piu bolle il caldo Giuglio,
Ogni ſement'al maturar s'appresta
Per far maggior ogninoſtro pecuglio.
D'indi trahendo la dorata creſta,
Laſciand'i noſtri per contrari alberghi,
Gia la morte dell'anno è manifeſta.
Nèſolpar, ch'alla uita in alto s'erghi,
O per morir ſi pieghi ogni germoglio
S'auien che'l Sol'o quiui, o altrou' alberghi;
Ma quand' anchor ſopr'il celeſte ſoglio
Alcun pianeta i dritti raggi uibra,
Chabbia uirtù contraria a fredddo ſcoglio:
Non equalmente i primi corpi libra,
Ma i due piu lieui raddoppiando moue
Con diſeguale, & ſtemperata libra.
Ma Saturno, & Mercurio fan lor proue
Contrarie a quelle, & ſtando ſopra noi
Fan che laterra, & l'acqua ſi rinoue.
Perche fredd'è lor forza, & fredde poi
Sono le qualitati indi cadute
Per gli humidi, & gelati influſſi ſuoi.
Non che nel ciel, ch'è padre di ſalute,
Ardor', o gelo ſia, come qui baſſo,
Ma perche tal è ſua forza, & uirtute.
Nè dietro però dei uolger'il paſſo,
Se dico gli elementi eſſer maggiori,
Perche nè in queſto uerità trapaſſo.
Che ſe del fuoco accreſceno gli ardori
In una parte, poi nell'altra ſono
Proportionatament'ancho minori.
Et queſt'è di natura un largo dono,
Che quant'iui ripiglia, qui ripone,
E in cio concorda quell'eterno ſuono.
Ma noi ſeguend'il uer della ragione
Gia cominciata, altronde piglieremo
Da far piu forte noſtra oppenione.
Vedeſi adunque dal ualor ſupremo
Del Ciel tirarſi in giro il fuoco, & l'onda
E'l corpo, ch'ètra queſto, & quell'eſtremo.
Il calor grand' allhor molto piu abbonda,
Quando la Luna nella parte oppoſta
Al Sol dimoſtra la ſua faccia tonda.
L'antichiſſimo ſpirto, che s'accoſta
Alla ruota maggior, ferma laterra,
Che non riuolge nè lato, nè coſta,
Et quel pianeta, ch'è ſopra la guerra,
(Odi cagion di nuoua merauiglia,)
Tra i primi corpi l'agguaglianza ſerra.
Appreſſo anchor la nobile famiglia,
I metalli, le pietre, & l'altre coſe
Come propie ricchezze in guarda piglia.
Nè ſi puon dire le uirtuti aſcoſe
Ne gli animai, nell'acque, & nelle piante,
Ch'a merauiglia ſon merauiglioſe.
Laſciamo dunque a dietro il mondo errante,
Et ſeguitiam'a dir, cio che da humore
Si fa qua giu con apparenze tante.
Surge da terra l humido uapore
Tratto dal Sol'alla men calda ſtanza,
Ea poco a poco prende piu uigore.
E in queſto ſpatio fa gran rauranza

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