Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1per la debolezza del capo, la uertigine. Similmente i gradi, che uanno ſu la tribuna di detto
Tempio hanno i loro piani piegati in entro, perche ſe uno diſcendendo cadeſſe, hauendo il calca­
gno piu baſſo, che la punta del piede, fuſſe forzato a dare in dietro, & non cadere inanzi.
Bel­
le ſono anche le ſcale di alcuni moderni.
come ſi uede nel mirabile palazzo d'Vrbino, & anche
in Roma le ſcale del palazzo.
& altroue, che ci portano molto lume, & ci fanno molto auuer­
titi.
Hora quanto appartiene a Vitr. dico, che egli uuole, che dalla ſquadra ſi prenda la miſu­
ra della ſcala.
Imperoche dal ſolaro al piano, per linea perpendicolare uuole, che lo ſpatio ſia
diuiſo in tre parti, & di doue cade il piombo ſi tiri una linea in fuori, che ſia diuiſa m quattro
parti eguali ciaſcuna a ciaſcuna delle tre.
Se adunque dall'altro capo del piano, ſarà tirata una
Linea alta ſommit à della perpendicolare, che ſia di cinque parti, allhora compartendoſi i gradi ſo
pra quella, ſarà la ſcala commoda, & proportionata, come ci moſtra la figura.
Delle ſcale a
lumaca doueria ſimilmente Vitr. hauerne ragionato, ſe qui fuſſe ſtato il luogo ſuo.
Ma quello,
che egli ha detto delle ſcale è ſtato per occaſione, & per dimoſtrare, l'uſo della ſquadra; & ſe be
ne altroue non ne ha detto, non però ci ha laſciato ſenza occaſione di potere da noi trouare il mo
do di farle.
Conuengono le ſcale dritte con le torte nella miſura, & commodità de i gradi: con­
uengono nelle apriture, & in altre coſe, ma queſta è la differenza, che il fuſto delle ſcale dritte,
che è detto, Scapo, da Vitr. è una linea dritta, che dalla ſommità al piano diſcende, come hipo­
tenuſa, o diagonale: ma il fuſto delle ſcale a lumaca è dritto a piombo, & d'intorno a quello, co­
me ad un perno ſono i gradi, benche anche ſifacciano le lumache ſenza fuſto.
Queſte ſcale erano
fatte da gli antichi per ſalire a luoghi altißimi, come ſono colonne, piramidi, & altri grandiſſi­
mi ed ficij.
Lapianta delle lumache è come una uoluta, la eleuatione ſi fa da certi punti della
uoluta.
però Alberto Durero ce la inſegna nel primo libro della ſua Geometria. Noi hauemo meſ­
ſo la figura, & la proſpettiua, inſieme con le ſopradette dimoſtrationi.
Come ſi poſſa conoſcer una portione d'argento meſ­
colata con l'oro finita l'opera.
Cap. III.
Esſendo ſtate molte, & merauiglioſe inuentioni quelle di Archimede, di tutte
con infinita ſolertia, quella, che io eſponciò, pare, che troppo ſia ſtata
eſpreſſa.
Imperoche Ierone nobilitato della regia poteſtà nella città di Sira­
cuſa, eſſendogli le coſe proſperamente ſucceſſe, & hauendo deliberato di por
re al Tempio una corona d'oro uotiua, & di conſecrarla a i Dei immortali, per grandiſ­
ſimo pretio la diede a fare, dando a colui, che ſi preſe il carico di farla, a peſo la quantità
dell'oro.
Queſti al tempo debito approuò al Re l'opera ſottilmente fatta con le mani,
& parue che al giuſto peſo dell'oro reſtituiſſe la corona.
Ma poi, che fu inditiato, che
leuatone una quantità di oro, altrettanto di argento in quella poſto haueſſe, Ierone ſde­
gnato di eſſere ſtato sbeffato, nè potendo hauere la ragione, con che egli ſcopriſſe il fur­
to, pregò Archimede, che prender uoleſſe la cura di riconoſcere il fatto, penſandoui
molto ben ſopra.
Hauendoſi Archimede allhora preſo il penſiero di queſto, per caſo en
trò in un bagno.
Et iui nel ſoglio diſceſo gli uenne ueduto, che quanto del corpo ſuo
ci entraua dentro, tanto di acqua fuori del ſoglio ne uſciua.
per il che hauendo ritrouato
la ragione di potere dimoſtrare la propoſta, non dimorò punto, ma uicito con grande al
legrezza del ſoglio, & andando ignudo uerſo caſa, dimoſtraua ad alta uoce d'hauere ritro
uato quello, che egli cercaua, perche correndo tutta uia gridaua in Greco.
Eurica, Eu­
rica, cioè io ho trouato, io ho trouato.
Dapoi che egli hebbe l'ingreſſo di quella inuentio
ne, fece due maſſe di peſo eguale ciaſcuna alla corona, delle quali una era d'oro, l'altra
di argento, & hauendo queſto fatto, empì fin all'orlo d'acqua un ampio uaſo, & prima ui

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