Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567
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Conclude Vitr. la ſua lunga digreſſione, & pare, che fin qui ſia ſtato il proemio del preſen­
te libro, il quale per la diuerſità delle coſe forſe è ſtato in molte parti diuiſo; il tutto è non meno
facile, che degno da eſſer posto in opera, come coſa piena di utiliſſimi precetti a chi ſi diletta di
ſapere, & di conſeruare nella memoria le coſe imparate.
Della ragione de i Gnomoni ritrouati per l'ombra
da i raggi del Sole.
Et del mondo. Et de i
pianeti.
Cap. IIII.
Qvelle coſe adunque con diuina mente ſono ſtate acquiſtate, & ſeco hanno a
chi le conſidera grande ammiratione, che l'ombra nello equinottio fatta dal
Gnomone è di altra grandezza in Athene, di altra in Aleſſandria, di altra in
Roma: nè quella iſteſſa è in Piacenza, che è in altri luoghi della terra.
Et pe­
rò ſono molto differenti le deſcrittioni de gli horologi per la mutatione de i paeſi, perche
dalle grandezze dell'ombre equinottiali ſi diſegnano le forme de gli analemmi, de i qua­
li ſi fanno le deſcrittioni delle hore, ſecondo la ragione de i luoghi, & delle ombre de
i Gnomoni.
Mirabile dottrina è quella, che ci da Vitr. nel preſente libro delle coſe della Aſtronomia: &
piu mirabile è la breuità ſua: però il preſente trattato ſi deue paſſare con diligenza, & auuerti­
mento non mediocre: imperoche in quello ſi tocca breuiſſimamente quello, che in molti uolumi
da molti è ſtato raccolto.
Et perche non ci ſia confuſione, diremo ordinatamente ogni coſa po­
nendo le parole di Vitr. le quali non parole, ma ſentenze, & concluſioni ſi poſſono meritamente
nominare.
Tratta adunque nel preſente libro della ragione de gli horologi da Sole, & delle om­
bre: & perche ombra non è ſenon doue è il corpo luminoſo, i cui raggi ſono impediti dal corpo
opaco, però tratta de i corpi celeſti, che fanno lume, & per queſta occaſione abbraccia il moui­
mento del cielo, la figura, & la miſura del tutto.
Introduce il ſuo trattamento in questo modo:
che uedendo noi, quando il giorno, & la notte ſon eguali, il qual tempo ſi chiama equinottio,
che uiene due fiate l'anno di Marzo, & di Settembre, non intendendo di quelli, che ſtanno ſotto
l'equinottiale, perche l'hanno ſempre: nè di quelli, che ſtanno ſotto i poli, perche non l'hanno
mai, inquanto, che ſiano dodici hore il dì, & dodici la notte: uedendo dico, che al tempo de gli
equinottij ſul mezo dì, in diuerſi luoghi l'ombra è diuerſamente proportionata a gli edificij, albe
ri, ſtili, & a tutte le coſe leuate da terra, & dritte, imperoche da que tempi in alcuni luoghi
l'ombra è pari alle coſe, che la fanno, in altri è maggiore, in altri è minore, grande occaſione
hauemo da merauigliarci, & però per naturale inſtinto ci diamo a cercar d'onde uegna la diuerſi­
tà dell'ombre; & uedendo che queſta mutatione non puo uenire ſe non dalla diuerſità dell'altezza
del Sole, che a quelli tempi ad alcuni è piu alto, ad alcuni è piu baſſo, cominciamo ad inuestiga­
re il corſo del Sole, & coſi quello, che non potemo fare nel cielo, deſcriuemo in terra con linee,
& con figure, ſeruando intiera la ragione del tutto.
Et chi è tanto ſottile, & ingenioſo, che tro
ui ſimili deſcrittioni ſi puo uer amente dire, che egli ſia d'intelletto diuino, & che le ſue inuentio­
ni ſiano piu preſto diuine, che humane, & queſto ha detto Vitr. fin qui.
Dichiara poi come ſi
chiama quella deſcrittione di linee, che ſi fa per dimoſtrare il corſo del Sole, & dice, che ſi chia
ma Analemma, & diffiniſce, che coſa è Analemma, dicendo.
Analemma è ragione cerca­
ta dal corſo del Sole, & dall'ombra creſcente, trouata dalla oſſeruatione del ſoleſtitio del
uerno, dalla quale per ragioni d'Architettura, & per deſcrittioni del compaſſo è ſtato ritro
uato lo effetto nel mondo.

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