LIBRO DECIMO
DELL' ARCHITETTVRA DI
M. VITRVVIO.
M. VITRVVIO.
PROEMIO.
DICESI che in Efeſo nobile, & ampia città di Greci è ſtata da i loro
maggiori con dura conditione, ma con ragione non iniqua un'antica leg
ge ordinata: percioche l'Architetto quando piglia a fare un'opera publi
ca, promette prima quanta ſpeſa ui ha d'andare. fatta la ſtima al magi
ſtrato ſi obligano i ſuoi beni, fin che l'opera ſia finita, la quale fornita,
quando la ſpeſa riſponde a punto a quanto s'è detto, con decreti, & ho
nori l'Architetto uiene ornato; & ſimilmente ſe non piu del quarto ſi ſpende, quello ag
giugner ſi deue alla ſtima, & ſi riſtora del publico, & egli à niuna pena è tenuto: ma quan
do piu della quarta parte ſi ſpende, egli ſi piglia il dinaro de i ſuoi beni al fornimento del
l'opera. Dio uoleſſe, che i dei immortali fatto haueſſero, che non ſolamente alle publi
che, ma alle priuate fabriche quella legge fuſſe ſtata al popolo Romano ordinata, perche
non ſenza caſtigo gli ignoranti ci aſſaſsinerebbeno, ma ſolamente quegli, che con ſotti
gliezza delle dottrine prudenti ſono, ſenza dubbio farebbeno profeſsione d'Architettura,
nè i padri di famiglia indotti ſarebbeno a gettar infinite ſpeſe, perche poi da i loro beni
ſcacciati foſſero, & gli Architetti conſtretti dal timor della pena piu diligentemente il con
to della ſpeſa faceſſero, accioche i padri di famiglia, a quello, che prouiſto haueſſero, o
poco piu aggiugnendo, drizzaſſero la forma delle fabriche loro: percioche colui, che puo
prouedere di quattrocento, ſe accreſcierà cento piu, hauendo ſperanza di condur l'ope
ra a compimento, con diletto, & piacere, è trattenuto: ma chi aggrauato dalla metà
della ſpeſa, o di piu, perduta la ſperanza, & gettata la ſpeſa rotto il tutto con animo di
ſperato, è conſtretto a laſciar ogni coſa. Nè pur queſto difetto è ne gli edifici, ma ancho
ne i doni, che dal magiſtrato ſi danno al foro de i gladiatori, & alle ſcene de i giuochi, a
i quali nè dimora, nè indugio ſi concede, ma la neceſsità con prefiſſo tempo di fornirgli
conſtrigne, come ſono le ſedi de gli ſpettacoli, & il porui delle tende, & tutte quelle co
ſe, che all'uſanze della ſcena, al ueder del popolo con fattura, & apparato ſi fanno. In
queſte coſe ueramente biſogna hauer del buono, & penſarui ben ſopra, perche niuna di
queſte coſe ſi puo fare ſenza induſtria, & manifattura, & ſenza uaria, & riſuegliata uiuaci
tà di ſtudi. Perche adunque tai coſe ordinate ſono a queſto modo non pare, che ſia fuori
di propoſito, prima che ſi dia principio alle opere, che cautamente, & con diligenza ſi
eſpediſchino le ragioni loro. Quando adunque nè la legge, nè la conſuetudine ci puo for
zare a queſto, & ogni anno i Pretori, & gli Edili per li giuochi apparecchiar deono le ma
chine, ho giudicato non alieno, poi che ne i libri paſſati s'è detto de gli edifici, in que
ſto, che ha la ſomma terminatione del corpo dell' Architettura, eſponer con precetti,
quali ſiano i principij ordinati delle machine a queſto conuenienti.
maggiori con dura conditione, ma con ragione non iniqua un'antica leg
ge ordinata: percioche l'Architetto quando piglia a fare un'opera publi
ca, promette prima quanta ſpeſa ui ha d'andare. fatta la ſtima al magi
ſtrato ſi obligano i ſuoi beni, fin che l'opera ſia finita, la quale fornita,
quando la ſpeſa riſponde a punto a quanto s'è detto, con decreti, & ho
nori l'Architetto uiene ornato; & ſimilmente ſe non piu del quarto ſi ſpende, quello ag
giugner ſi deue alla ſtima, & ſi riſtora del publico, & egli à niuna pena è tenuto: ma quan
do piu della quarta parte ſi ſpende, egli ſi piglia il dinaro de i ſuoi beni al fornimento del
l'opera. Dio uoleſſe, che i dei immortali fatto haueſſero, che non ſolamente alle publi
che, ma alle priuate fabriche quella legge fuſſe ſtata al popolo Romano ordinata, perche
non ſenza caſtigo gli ignoranti ci aſſaſsinerebbeno, ma ſolamente quegli, che con ſotti
gliezza delle dottrine prudenti ſono, ſenza dubbio farebbeno profeſsione d'Architettura,
nè i padri di famiglia indotti ſarebbeno a gettar infinite ſpeſe, perche poi da i loro beni
ſcacciati foſſero, & gli Architetti conſtretti dal timor della pena piu diligentemente il con
to della ſpeſa faceſſero, accioche i padri di famiglia, a quello, che prouiſto haueſſero, o
poco piu aggiugnendo, drizzaſſero la forma delle fabriche loro: percioche colui, che puo
prouedere di quattrocento, ſe accreſcierà cento piu, hauendo ſperanza di condur l'ope
ra a compimento, con diletto, & piacere, è trattenuto: ma chi aggrauato dalla metà
della ſpeſa, o di piu, perduta la ſperanza, & gettata la ſpeſa rotto il tutto con animo di
ſperato, è conſtretto a laſciar ogni coſa. Nè pur queſto difetto è ne gli edifici, ma ancho
ne i doni, che dal magiſtrato ſi danno al foro de i gladiatori, & alle ſcene de i giuochi, a
i quali nè dimora, nè indugio ſi concede, ma la neceſsità con prefiſſo tempo di fornirgli
conſtrigne, come ſono le ſedi de gli ſpettacoli, & il porui delle tende, & tutte quelle co
ſe, che all'uſanze della ſcena, al ueder del popolo con fattura, & apparato ſi fanno. In
queſte coſe ueramente biſogna hauer del buono, & penſarui ben ſopra, perche niuna di
queſte coſe ſi puo fare ſenza induſtria, & manifattura, & ſenza uaria, & riſuegliata uiuaci
tà di ſtudi. Perche adunque tai coſe ordinate ſono a queſto modo non pare, che ſia fuori
di propoſito, prima che ſi dia principio alle opere, che cautamente, & con diligenza ſi
eſpediſchino le ragioni loro. Quando adunque nè la legge, nè la conſuetudine ci puo for
zare a queſto, & ogni anno i Pretori, & gli Edili per li giuochi apparecchiar deono le ma
chine, ho giudicato non alieno, poi che ne i libri paſſati s'è detto de gli edifici, in que
ſto, che ha la ſomma terminatione del corpo dell' Architettura, eſponer con precetti,
quali ſiano i principij ordinati delle machine a queſto conuenienti.