Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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Bella, & ſottile ragione & inuentione di machina ci propone Vitr. & c'inſegna il modo di ſar
la, l'ordimento delle funi, l'accommodarla per tir ar i peſi, il uocabolo, & l'uſo d'eſſa.
Dapoi
ci fa auuertiti, come a molti modi, & per molti effetti ci potemo ſeruire delle ragioni delle machi
ne ſopradette.
Preſuppone egli che drizziamo la machina, come s'è detto, & dice, che l'uſo è
per far preſto, & che è artificioſa, & opera di perſone pratiche.
Drizzaſi un traue, da capo
del quale ſi legano quattro funi, che egli chiama retinacoli, noi ſartie, queste ſi laſciano andar
in terra, & ſi raccommandano a pali, come di ſopra.
l'ufficio di queſte funi è tenir dritta la ma­
china, che non pieghi piu in una parte, che in un'altra.
ſotto queſte funi, o ſartie, o ritegni,
che ſieno, la doue di ſopra legate ſono, ſi conficcano nelli lati del traue due manichi, tra quali è po
ſta una taglia, & a quelli ben legata, ma ſotto la taglia, come per letto, è una piana di lunghez
za di due piedi, larga ſei dita, groſſa quattro.
l'effetto di queſta, è tener dritta la taglia, & lon
tana dal traue, accioche ſi poſſa far commodamente l'ordimento delle funi.
Tre taglie ui uanno,
due delle quali hanno nella larghezza loro tre ordini di raggi, come ti moſtra la figura.
l'ordi­
mento delle funi è queſto.
piglianſi tre menali, & ſi legano bene alla ſommità della machina al
traue, i capi di quelli ſi laſciano andar giu, & per la parte di dentro della taglia di ſotto ſi fanno
paſſare tutti tre ordinatamente ne i raggi di ſopra, cioè del primo ordine, paſſati che ſono tutti
tre ſe riportano alla taglia di ſopra, & ſi fan paſſare dalla parte di fuori nella parte di dentro per
li raggi di ſotto, & coſi diſcendeno per la parte di dentro, & s'inueſteno nel ſecondo ordine de i
raggi, & paſſano alla parte difuori, queſti di nouo ſi riportano alla taglia di ſopra al ſecondo or­
dine de i raggi & trapaſſati che ſono calano giu, & dal terzo ordine de raggi, ſi riportano al ca­
po della machina, & inueſtiti, che ſono nell'ordine de i raggi di ſopra tutti tre i detti menali, ca
lano al piè della machina, doue è legata la terza taglia, che da Greci è detta Epagon da latini
Artemon, da noi Paſtecca: queſta hatre ſoli raggi al pari, ne i quali uanno i tre menali, o co­
dette che ſi dicano, queſti ſi danno a perſone, che li tirano a tre per capo, doue con facilità ſi le­
uano i peſi, & la figura lo dimoſtra in una mano de i raggi nudi, perche meglio s'intenda, & da i
praticanti ſarà bene inteſa: Et queſta ſorte di machina dalla moltitudine de i raggi è detta poliſpa
ſton.
L'effetto è tale, che ammollando destramente quelli ritegni, & ſartie, ſi puo far piegare in
che parte ſi uuole, & deporre i peſi, doue torna bene.
Ma l'uſo di tutte le predette machine,
quando per li loro uerſi accommodate ſaranno, ſi estende in piu fattioni: imperoche & per carica
re, & per ſcaricare le naui ſon buone.
l'arbore della naue ci ſerue & le funi ſue, & quando il
peſo è alzato al pari della costa del nauilio, ſi fa andar il nauilio alla parte, & in banda, & coſi
il peſo ſi ſcarica, o in terra, o in altro nauilio minore.
le medeſime machine steſe in terra, & or­
dinate uarano le naui, & le t<14>rano in acqua.
il tutto è posto in bene accommodarle, & aſſicu­
rarle ne i manichi, & in quelli strumenti che Vitr. chiama Carcheſi, che ſono, per quanto sti­
mo io, certi strumenti, doue entrano le stanghe, che uoltano i perni delle ruote, ode i Timpani,
o de naſpi.
altri dicono, che hanno la figura della lettera Δ, ma forſe ſono ſimili a quelli, che noi
chiamamo parettoli, ſopra i quali ſi uolta una bocca di fuoco per tirar in ogni uerſo, come ſi ue­
de nelle naui, & nelle galere, & nella figura.
D'una ingenioſa ragione di Cteſifonte, per con­
durre i peſi.
Cap. VI.
Non è alieno dall'inſtituto noſtro eſponere una ingenioſa inuentione di Cteſi­
fonte: percioche uolendo coſtui condurre dalle botteghe de i tagliapietra in
Efeſo al Tempio di Diana i fuſti delle colonne, non fidandoſi ne i carri per la
grandezza de i peſi, & per le uie de i campi molli temendo, che le ruote non

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