Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1fondaſſero troppo, in queſto modo tentò di fare. Egli poſe inſieme quattro pezzi di le­
gno molto bene commeſsi groſsi quattro dita, due trauerſi trapoſti tra due lunghi quan­
to erano i fuſti delle colonne, & nelle teſte de i fuſti impiombò molto bene i pironi di fer­
ro, che Cnodaces detti ſono a guiſa di pernuzzi, & in que legni poſe gli anelli, ne i quali
haueſſero ad entrar i detti pironi, & con baſtoni di elce legò le teſte.
I pironi adunque
rinchiuſi ne i cerchielli liberamente ſi poteano tanto riuoltare, che mentre i buoi ſottopo­
ſti tirauano i fuſti delle colonne uolgendoſi ne i pironi, & ne i cerchielli ſenza fine ſi gua­
uano.
Hauendo poi a queſto modo condotto tutti i fuſti, & eſſendo neceſſario tirar an­
cho gli architraui, il figliuolo di Cteſifonte Metagene nominato, traportò quella ragio­
ne della condotta de i fuſti alla condotta de gli architraui: imperoche egli fece ruote gran
di da dodici piedi, & con la iſteſſa ragione con pironi è cerchielli ſerrò nel mezo di quelle
ruote i capi de gli architraui, & coſi eſſendo tirati que legni da buoi rinchiuſi ne i cerchiel
li, i pironi uolgeuano le ruote, & gli architraui ſerrati come perni nelle ruote, con la iſteſ
ſa ragione, che condotti furono i fuſti delle colonne, peruennero al luogo doue ſi fabr­
caua.
l'eſſempio di tal coſa è come quando nelle paleſtre ſi ſpianano con i cilindri i luoghi
doue ſi camina: nè però queſto haurebbe potuto fare ſe il luogo non fuſſe ſtato uicino,
perche da i tagliapietra al Tempio non ui ha piu d'otto miglia, nè ui è alcuna diſceſa, ma
il tutto è piano campeſtre.
La interpretatione, & la pratica fa manifesto quello, che dice Vitr. & cilindro era una pietra
di forma di colonna per iſpianare, & orſare, come dicemo noi i terrazzi.
Ma quanto biſogni
prima penſarci ſopra, auanti che ſi dia principio a tali impreſe di condurre le coſe grandi Vitr. ci
dimoſtra in un bello eſſempio dicendo.
Ma a noſtri giorni eſſendo nel Tempio, doue era il coloſſo d'Apollo per uecchiezza rot
ta la baſa, & temendoſi, che la ſtatua non ruinaſſe, & ſi rompeſſe, conduſſero chi dalle
iſteſſe petraie tagliaſſero la baſa.
Paconio ſi preſe il carico. Era queſta baſa lunga dodici
piedi, larga otto, alta ſei, queſta Paconio gonfio di uanagloria non come Metagene ten
tò di condurre, ma con la iſteſſa ragione ad un'altro modo ordinò di fare una machina:
imperoche egli fece le ruote alte 15 piedi, nelle quali rinchiuſei capi della pietra, dapoi a
torno la pietra da ruota a ruota ui acconciò fuſi groſsi due dita in modo, che tra fuſo è fi­
ſo non era la diſtanza d'un piede: oltra di queſto d'intorno a i fuſi circondò una fune, &
poſtoui ſotto i buoi tiraua la fune, & coſi ſciogliendoſi la fune uoltaua le ruote; ma non
poteua per dritto tirarle, perche la machina uſciua hora in una parte, hora in un'altra, dal
che egli era forzato di nuouo tirarla indietro, & coſi Paconio tirando, è ritirando con­
ſumò il dinaio, ſi che egli non hebbe poi da pagare.
Et queſto luogo è ancho facile, perche Paconio fece un rocchello, come dicemo noi, nel quale
ſerrò la pietra, & la corda, che era d'intorno al detto rocchello ſi uolgeua hora in un luogo ho­
rain un'altro, & però non poteua tirar dritto, ma quanto tiraua inanzi, tanto la machina ſi tor
ceua, & per drizzarla, tanto era neceſſario tirarla in dietro, & coſi la fatica era uana, come
quella di Siſifo, per la colpa della uanità ſua, leggi Leone al ſeſto delſeſto.
Come trouato s'habbia la petraia, della quale fu fatto il
Tempio di Diana Efeſia.
Cap. VII.
IO uſcirò alquanto di propoſito, & dirò come trouate furono queſte petraie.
Piſſodoro ſu paſtore, & praticaua in queſti luoghi, Penſando gli Efeſi di far
un Tempio a Diana, & deliberando di ſeruirſi del marmo di Paro, Preconeſ­
ſo, Heraclea, & di Thaſo, auuenne, che in quel tempo Piſſodoro cacciate a

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