Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1abondanza a i dì noſtri certamente ne ſono inſiniti, & forſe queſto adiuiene, perche quan­
to manca loro la iſperienza, la induſtria, la dottrina, & lo eſſempio de i buoni, tanto ſo­
prabonda, l'arroganza, l'auaritia, & li ignoranza loro.
Io di queſti poco mi curerei, quan
do io conoſceſſi, che non gli fuſſe preſtato orecchia: percioche nè di danno, nè di uergogna
ſarebbono a chi s'affatica.
Ma perche la coſa procede altrimenti, & uolentieri ſi aſcolta,
chi dice male, & i guſti de gli huomini per lo piu ſono guaſti, io eſorto ognuno, che ſi piglia
qualche bella impreſa per giouar altrui, che non perdonino a fatica, per farė tali opere, che
da ſe ſi difendino: & che prendendo ſeco la difeſa dalla uerità con l'aiuto del tempo poſſino
conuincere di maluagità, & perfidia chi ſi opponeſſe al uero.
Queſto conſiglio io mi ſono sfor
zato di prendere nello interpretare, & eſponere i preſenti uolumi dell'Architettura.
& ſe be­
ne le mie debili for ze non hanno potuto tanto, che l'opera ſia riuſcita a quella perfettione,
che ella poſſi mantenerſi da ſc: nientedimeno io poſſo affermare con uerità, che nè maggior di­
ligenza, nè piu induſtria, nè miglior uolontà ho potuto porui di quello, che ho poſto.
Io ho cer
cato d'imparare da ognuno, ad ognuno, che mi ha giouato reſto debitore d'infinite gratie: &
come diſpenſatore de i beni riceuuti da altri mi rendo.
Io ho giudicato maggior uergogna il non
uoler imparare, che danno il non ſapere: ho fuggito la pompa di citare a nome gli auttori,
de i quali mi ſono ſeruito in questa faticoſa impreſa, & ho cercato non l'ampiezza della lingua,
o la copia delle parole, ma la elettione, & la chiarezza delle coſe.
piu uolte io ho di­
ſiderato & cercato di communicare le fatiche mie con alcuni, prima che ueniſſero in lu­
ce, & in commune inueſtigare la uerità.
accioche quello, che non puo fare un ſolo, fatto fuſſe
da molti.
ma queſto, per alcuna cagione, che io bene non intendo, non mi è uenuto fatto.
ne i diſegni delle figure importanti io ho uſato l'opere di M.
Andrea Palladio Vicentino
Architetto, ilquale ha con incredibile profitto tra quanti io ho conoſciuto di uiſta, & per fama,
per giudicio d'huomini eccellenti, acquiſtato gran nome sì ne i ſottiliſſimi, & uaghi diſegni
delle piante, de gli alzati, & de i profili, come nello eſeguire, & fare molti & ſuperbi edifi­
cij, sì nella patria ſua, come altroue & publici, & priuati, che contendono con gli antichi,
danno lume a moderni, & daranno merauiglia a quelli che uerranno.
Et quanto appartiene
a Vitr. l'artificio de i Theatri, de i Tempij, delle Baſiliche, & di quelle coſe, che hanno piu bel­
le, & piu ſecrete ragioni di compartimenti, tutte ſono state da quello, con prontezza d'ani
mo, & di mano eſplicate, & ſeco conſigliate, come quello che di tutta Italia ha ſcielto le
piu belle maniere de gli antichi, & miſurate tutte l'opere, che ſi trouano.
Nel reſtante del
la fatica mia il buon uolere puo coprire, o ſcuſare qualche difetto, & inuitare amoreuolmen­
te alla correttione ciuile chiunque fuſſe diſideroſo di giouare, come ſon io: il che attendo con
quel diſiderio, che io ho hauuto ſempre di far bene.
Ma aſſai habbiamo uagato: però è tem­
po di ritornare a Vitruuio, & di credere che lo inſegnare il modo del fortifioare è coſa difficil­
lima riſpetto alla nuoua inuentione delle offeſe, dalle quali come ſpeſſo detto hauemo, dipende la
difeſa: & però è degna coſa trarne i precetti uniuerſali, in uirtu de i quali l'huomo può ſempre
ritrouare nuoua forma di difeſa.
Della elettione de i luoghi all'uſo commune della Cit­
tà.
Cap. VII.
DIVISI i capi delle uie, & deſcritte le piazze, egli ſi deue far manifeſta la
elettione de i piani al commodo, & all'uſo commune della Città per li ſacri
Tempi, per lo Foro, & per gli altri luoghi communi.
Se le mura ſaranno
preſſo il mare: elegger ſi deue il piano, doue ſi deue fare il Foro uicino al
porto.
ſe la Città ſarà fra terra, nel mezo. Ma per li ſacri Tempij di q uelli Dei,

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