Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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LIBRO TERZO
DELLA ARCHITETTVRA
DI M. VITRVVIO.
23[Figure 23]
PROEMIO.
IL DELPHICO Apollo nelle riſpoſte date à Pythia, affermò Socrate eſſer di tutti
ſapientisſimo.
Queſti ſi dice, che cõ prudenza, & dottisſimamente diceſſe, che biſogna
ua, che i petti de gli huomini fuſſero come fineſtre, &
aperti, affine chė haueſſero i ſenſi
non occulti, ma paleſi ad eſſer conſiderati.
Voleſſe Iddio che la natura ſeguitando la
opinione di Socrate ſatto haueſſe i petti apparenti, &
chiari, perche ſe ciò ſtato fuſſe,
non ſolamente le uirtù, &
i uitij de gli animi ſi uederiano, ma anchora le ſcienze delle
diſcipline à gli occhi ſottopoſte con certo giudicio ſi approueriano.
Ma à gli eruditi,
&
conoſcenti huomini grande, & ferma riputatione s’accreſcerebbe. Et però perche
la natura non à modo d’altri, ma al ſuo coſi fare ha uoluto, non può eſſer, che gli huo-
mini con gli ingegni ſotto i petti oſcurati habbiano potuto le aſcoſe ſcienze de gli ar-
1110 tificij, come ſono, giudicare.
Et anchora esſi artefici, tutto che promettino la loro
prudenza, ſe non haueranno quantità di danari, ò uero non ſeranno ſtati conoſciuti per la uecchiezza delle loro offi-
cine, ò non haueranno hauuto gratia, &
eloquenza da piazza, non poſſono per la induſtria de gli ſtudi loro hauer
authorita alcuna, che creduto lor ſia, che ſappiano quello, di che fanno profesſione.
Et queſto ſpecialmente ſi può
conoſcer da gli antichi ſtatuari, &
Pittori, che di quelli, coloro che hanno hauuto i ſegni di dignità, & la gratia di
eſſer commendati con eterna memoria ſi mantengono alla poſterità, come fu Mirone, Policleto, Phidia, Liſippo, &

gli altri, che hanno con l’Arte loro la nobilità cõſeguita.
Perche come alle gran Città, ò uero à, i, Re, ò uero à i nobili
huomini fatto hanno opere, &
fabriche, coſi ottennero quello, che io ho detto. Ma quei, che ne di manco ſtudio, &
ingegno, &
ſolertia ſtati ſono, ne manco belle opere hanno laſciato, à gli ignobili cittadini, & à quelli, che ſono ſta-
ti di baſſa conditione di fortuna, non hanno di loro laſciato ricordatione, perche non dall’induſtria, ne dalla ſolertia.
2220 dell’Arte, ma dalla felicita ſono ſtati abbandonati, come fu Hellas Athenieſe, Chione Corinthio, Pharace Efeſio,
Bedas Bizantino, &
molti altri. Similmente i Pittori come Ariſtomene Thaſio, Policle, & Atramiteno, Nico-
macho, &
gli altri, à i quali ne induſtria, ne ſtudio dell’Arte, ne ſolertia mancò, ma ò uero la poca robba, ò la debil
fortuna, ò uero nell’ambitione delle concorrenze l’eſſer uinti da gli auerſari impedi la loro grandezza.
Ne però ſi
deue altri merauigliarſi, ſe per l’ignoranza dell’arte s’oſcurano le uirtù, ma grandemente ſdegnarſi quando bene
ſpeſſo la gratia de i conuiti luſingheuolmente da, i, ueri giudicij, alla falſa approbatione conduca.
Et però, ſe (come
piacque a Socrate) i ſenſi, &
l’openioni, & le ſcienze creſciute dalle diſcipline, chiare e e perſpicue fuſlero ſtate, non
la gratia, non l’ambitione ualerebbe.
Ma s’egli ci fuſſe, chi con uere, & certe fatiche impiegate nell’imparare le
dottrine, ginnto fuſſe al colmo della ſcienza, à queſti ſi darebbe uolentieri l’opere à fare, ma perche quelle non ſo-
no illuſtri, &
apparenti, nello aſpetto (come penſamo che biſognaua) anzi io uedo piu preſto gli indotti, che i dot
3330 ti di gratia, &
di fauore ſuperare, non iſtimando io, che buono ſia il contender con gli ignoranti di ambitione, piu
preſto con tai precetti dimoſtrerò la uirtù della ſcienza noſtra.
Nel primo libro adunque, ò Imperatore ti hò eſpo-
ſto dell’Arte, &
che potere ella habbia, & di che diſcipline faccia biſogno che l’Architetto ornato ſia, & ſoggiunſi le
cagioni perche coſi biſognaua, che egli ammaeſtrato fuſſe, &
diuiſi in ſomma le ragioni dell’Architettura, & diuiſe
io le ho poſcia diffinite, oltra ciò quello che era prima, &
neceſſario delle mura, come far ſi debbia la elettione de, i,
luoghi ſani con diſcorſi ho dimoſtrato, &
i uenti quanti, & quali ſieno, & da che parti ſpirino, con diſcrittioni di
linee ho eſpoſto, &
inſegnato à fare, i, giuſti compartimenti delle piazze, & de i borghi dentro le mura. Et coſi ho
poſto fine al primo uolume.
Nel ſecondo io ho fornito di trattare della materia, che utilità ſi habbia da eſſa ne gli
edificij, &
che forza le dia la natura. Hora nel terzo dirò de i Tempi de gli immortali Dei, & in che maniera deono
eſſer diſſegnati.
4440
DETTO ha Vitruuio nel Primo Libro al terzo capo che tre ſono le parti della Architettura. Vna dellequali era la
Edificatione, detto ha ſimilmente, che la edificatione er a in due parti diuiſa, una delle quali apparteneua alla Fabrica del-
le mura, &
delle opere communi, ne, i, publici luoghi, l’altra era tutta nelle priuate fabriche collocata. Ha uoluto, che
le distributioni delle publiche opere fußero di tre maniere.
L’una pertinente alla Diffeſa, l’altra alla Religione, la ter-
za alla Opportunità, nel medeſimo Libro ha fornito quanto s’aſpettaua alla Difeſa.
Doueua poſcia delle Fabriche per-
tinenti alla Religione trattare, ma parendogli molto neceſſario eſponere, &
la materia, & il modo per porre la materia
inſieme (come detto hauemo) diede ſoggetto al Secondo Libro, nel quale chiaramente della materia piu neceſſaria alle Fabriche, ha uoluto trat
tare eſponendo la natura, l’uſo, &
le ragioni di quella, pero hauendoſi da quella ſbrigato, ritorna hora alla Diſtributione delle coſe pertinen
5550 ti alla Religione, &
tratta de i Sacri Tempi nel terzo, & nel quarto Libro abbracciando tutto il corpo della preſente materia, per ilche ſi
può dire che qui comincia tutto il bello, che di mano, &
d’ingegno s’aſpetta dallo Architetto. Qui l’Ordine ha luogo, qui la Diſpoſitione ſi
troua, qui ſi uede la Simmetria, il Decoro, la Gratia &
la Diſtributione, nelle qual coſe il ualor dello Architetto, la forza dell’ Arte l’Acutez-
za dello ingegno riluce.
Onde ſi può dire con il gran Poeta.
O´ Muſe, ò alto ingegno hor m’aiutate
O´ Mente, che ſcriueſti ciò ch’io uidi
Qui ſi parrà la tua Nobilitate.
Et ueramente, ė degna conſideratione quella, che ſi far à ſopra la preſente materia, & molto gentilmente è ſtato auuertito da Vitr. imperoche
ſapendo egli la grande importanza della coſa, &
che infinita, è la ſchier a de gli ſciocchi, s’ha moſſo à deſiderar quello, che Socrate deſidera-
ua, che foſſe nella fabrica dell’huomo, ciò, è che ogn’uno haueſſe una finiſtrella nel petto, accioche dentro ſi uedeſſe la Scienza l’Arte, e il Bene,
6660 che ui fuſſė, perche la Gratia, il Fauore, la Fortuna luogo darebbeno quando il dotto, &
l’intelligente con l’imperito, & ignorante di
pari ueniſſero al giuditio delle genti, ſarebbe la uirtu di piu ſtima, &
l’Arroganza cederebbe alla Modeſtia. Credo io, che Vitr. haueſſe bello,
&
alto penſiero, uiuo, & ſoaue guſto delle alte ragioni dell’ Architettura, onde in ſe ſteſſogodendone deſideraua, che tutto il mondo conoſceſſe
la bellezza della uirtù, &
però concorreua nella oppinione di Socrate, la dignit à delquale ſopra tutti gli huomini fu giudicata dall’Oraculo
che per nome d’ A pollo fu dato alla ſua ſacer doteſſa Pithia nominata.
Certamente io ho oßeruato, che non ſenza grande cagione Vitr.

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