Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

Table of contents

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[31.] CAP. II. DI CINQVE SPECIE DI TEMPI.
[32.] LA META’ DELLA PIANTA DELL’ASPETTO DEL TEMPIO SCOPERTO DETTO HYPETROS.
[33.] CAP. III. DEL FONDARE, ET DELLE COLONNE, ET DEL LORO ORNAMENTO, ET DE GLI ARCHITRAVI.
[34.] IL FINE DEL TERZO LIBRO.
[35.] LIBRO QVARTO DELLA ARCHITETTVRA DI M. VITRVVIO.
[36.] PROEMIO.
[37.] CAP. I. DI TRE MANIERE DI COLONNE, ET DELLE ORIGINI ET INVENTION LORO.
[38.] CAP. II. DE GLIORNAMENTI. DELLE COLONNE.
[39.] CAP. III. DELLA RAGIONE DORICA.
[40.] CAP. IIII. DELLA DISTRIBVTIONE DI DENTRO DELLE CELLE ET DELL’ANTITEMPIO.
[41.] CAP. V. DI FAR I TEMPI SECONDO LE REGIONI.
[42.] CAP. VI. DELLE RAGIONI DELLE PORTE, ET DE GLI ORNAMENTI DELLE ERTE, O PILASTRATE CHE SI FANNODINANZI A TEMPI.
[43.] CAP. VII. DELLE RAGION THOSCANE DE SACRI TEMPI.
[44.] CAP. VIII. DELL’ORDINARE GLI ALTARI DE I DEI.
[45.] IL FINE DEL QVARTO LIBRO.
[46.] DELLA ARCHITETTVRA DI M. VITRVVIO.
[47.] PROEMIO.
[48.] PROEMIO.
[49.] CAP. PRIMO DEL FORO.
[50.] CAP. IL. DELLO ERARIO, DELLA PRIGIONE, ET DELLA CVRIA COME SI DEONO ORDINARE.
[51.] CAP. III. DEL THEATRO.
[52.] CAP. IIII. DELL’ARMONIA.
[53.] CAP. V. DE I VASI DEL THEATRO.
[54.] CAP. VI. DELLA CONFORMATIONE DEL THEATRO.
[55.] CAP. VII. DEL COPERTO DEL PORTICO DEL THEATRO.
[56.] CAP. VIII. DI TRE SORTF DI SCENE.
[57.] CAP. VIII. DI TRE SORTI DI SCENE.
[58.] CAP. X. DELLA DISPOSITIONE ET DELLE PARTI DE I BAGNI.
[59.] CAP. XI. DELLA EDIFICATIONE DELLE PALESTRE, ET DE I XISTI.
[60.] CAP. XII. DE I PORTI, ET DE GLI EDIFICI CHE NELL’ACQVA SI DEONO FARE.
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6355SECONDO. la Luna, che s’inuecchia, Vegètio dalla quintadecima fin’ alla uinteſimaſeconda. Heſiodo quando cadeno le foglie. Catone il Rcuere al Sol-
ſtitio, &
quella materia, che ha del maturo, & del uerde quando le cade il ſeme. l’Olmo quando cadono le foglie. Plinio naſcendo il cane nel
far della Luna, &
, è, oſſeruatione aſtronomica, percioche per la forza della Luna ogni humore ſi commoue; tirando adunque la Luna alle ra-
dici l’humore, perche Plinio uuole che s’aſpetti la notte, che ſucciede al giorno che fa la Luna, quãdo eſſa Luna ſarà ſotterra il reſto della mate
ria ſerà piu puro, &
piu purgato. Non ſi deono uſare i legnamiſe non paſſati i tre meſi, ne tirargli per la ruggiada anzi dopo il mezzo di co-
minciando, à, calar la Luna, deonſi tagliare alquanto d’intorno, &
laſcirane uſcire l’humore, & poi tagliato di tutto ſcorzarli, e ſpecialmen
te quelli che fanno frutto, ne ſi deono tagliare ſe non fatto il frutto, ma gli altri al piacer noſtro.
Riponi il legname tagliato doue ne i gran
ſoli, nei gran uenti le diano.
Vgneſi di ſterco bouino accioche per tutto egualmente ſi ſecchi. La Caſtagna ſi purga nell’ acqua del mare, la
materia, che ſi adopera al torno ſi ſommerge nell’ acque, &
nel fango per trenta giorni, altri ungono la materia di morchia per li tarli, &
quella, che per l’acqua ſi guaſta, s’impegola.
La materia inueſchiata ò d’allume bagnata, non arde. La natura, & l’uſo de legnami, é, que-
1110 sto.
L’Alno è buono grandemente alle palificate, ne i paludi, & luoghi Fluuiali, ma all’ aere non dura. L’Eſculo, che è una ſorte di Rouere,
è impatiente dell’humore, l’Olmo ſi condenſa nello aere, &
allo ſcoperto, ma altroue ſi ſpacca, & la ſua radice, é, bellisſima fra tutti i legni
per la uariet à de, i, colori, &
per un certo ſplendore, dapoi é la radice dell’ Oliua, bellisſima. Il Peccio, & il Pino eternamente durano ſot-
terrati.
Il Rouere per eſſer ſparſo, neruoſo, di pochi Fori, ė ottimo alle opere terrene, perche non riceue l’humore, e ſoſtenta i peſi mira-
milmente.
La Quercia non inuecchia. Il Fago, la Iuglande non ſi guaſtano per l’acque. Il Souero, il Pinaſtro, il Moro, l’ Acero, l’Olmo
non inutil ſono all’ uſo di Colonne.
A i taſſelli, & uſo di trauamenti la noce Euboica, ma ottimo, è uer amente l’Abete, alquale però di leg-
gieri ſi attacca il fuoco, nel reſtò é utilisſimo, ne gli ciede il Cipreſſo, questo non ſente uecchiezza, ne tarli, ne da ſe ſi rompe, bene, è, uero,
che peſa molto, &
è buono per porte, naſce & creſce drittisſimo per natura oltra tutti gli altri alberi. Il Pino ſi tarla, perche il ſuo liquo-
re è piu dolce di quello dell’ Abete.
Il Larice per li peſi, & per litrauamenti è buono, dura, & è neruoſo, non ſi tarla, pare che delle fiamme
ſi ſdegni pure uediamo che egli arde, uero è che un tronco groſſo di quello con la ſcorza molto reſiſte al fuoco.
L’Oliuo, il Fico, la Tiglia il
2220 Salice non ſono buoni per le trauamenta.
La Palma contra il peſo ſi uolge. Il Ginepro è propoſto alle trauature ſcoperte, à questo ſimile,
benche piu ſodo, è dinatura il Cedro, Il Cerro, il Faggio non durano, à, i, lauori di legnami come letti, menſe, tauole.
L’Abete, il Cipreſ-
ſo.
Il Faggio, & ancho il Pezzo, benche ſiano fragili, però per caſſe, letti, & ſottili asſi ſono buoni, ſimili à queſti è, l’Elza, inutili ſono la
Iuglande l’Olmo, &
il Frasſino, percioche la Iuglande fatta m tauole ſacilmente ſi rompe, & gli altri alberi cedeno, & ſi ſpaccano, ma il
Frasſino è ubidientisſimo nell’opera, &
coſi la Noce, benche di eſſa non facciano gli antichi alcuna conſideratione & , à, giorni nostri ella in
molti, et innumerabili, è ſottilisſimi lauori ſi adopera.
Il Moro, è lodato perche col tẽpo ſi fa piu nero, et dura molto. L’Olmo, à i cordini delle
porte é buono, pche ſerua il rigore, ma la radice eſſer deue poſta di ſopra.
Dell’ Acquifóglio ſi fanno le stanghe, et coſi ancho di Lauro, et d’Olmo,
ma i gradi d’Orno, et di Acero, et le chiauette di Cornolo.
A condotti d’acqua coperti fanno bene il Pino, et Pezzo. La Arice ſemmina di colore
ſimile al mele, è buona per adornar le caſe eſſendo ſtato auuertito, che nelle tauole de i Pittori é immortale, &
però è buona per ſtatue, perche
non ha diſteſi per longo i nerui ma interrotti, uarij, &
minuti. V ſauano anche il Loto, il Boſſo, il Cedro, il Cipreſſo, & la radice dell’Oliuo
3330 piu ſoda, &
il Perſico Egittio, per farne le ſtatue, ma à farne le tauole per pitture, uſauano gli antichi il bianco, & il nero Poppio. La Sal-
ce, il Carpene, il Sorbo, il Sambuco, il Fico.
Lodano alcuni la Giuggiola, & per le opere fatte al torno. Il Faggio, il Moro, il Terebinto,
et ſpecialmĕte il Boſſo, &
l’Ebano. Il Rouere difficilmente s’accõpagna con altri alberi, & rifiuta la colla, & coſi fanno i lagremanti, & creſpi
alberi, et ogni legno ſodo, che ſi può radere.
Non ſtãno inſieme gli alberi, che ſono per natura differẽti come l’Edera, il Lauro, la Tilia, per eſſer
calidi, con i nati in luoghi humidi.
Similmente non ſtãno lungamente in colla l’Eſculo, & la Quercia, ne ſi deono accõpagnare l’Olmo, il Frasſi-
no, il Moro, il Cireggio con il Platano, et l’Alno, perche queſti ſono di natura humida, quelli di ſecca.
Cõparanſi gli alberi quanto al tutto, per-
che gli infecondi piu fermi ſono de i fruttuoſi.
I ſeluatichi ne con mano, ne con ferro colti piu duri. Gli acuti, & tardiui tra i fruttuoſi piu forti
de i dolci, piu creſcono gli ſterili che i fertili, piu nodoſi gli ſterili del tutto, ȯ quelli che auicẽda fruttano, che i fer aci de inodoſi, i, piu corti ſono
i piu difficili, piu nodoſi, i, nodriti in conualli, &
piu corti d’unontani. Ma i mõtani piu fermi, & piu grosſi, piu molli i nati in luoghi humidi, &
ombroſi de gli aprici.
I legni di clor biãco ſono meno denſi, et piu trattabili. Ogni materia põderoſa della liggiera, è, piu ſpeſſa, & dura, et quel
4440 la, è piu fragile, piu durano tagliati quegli alberi, che uiui piu ſi cõſeruano.
Quanto alla cõparatione delle parti io dico, che quanto meno ui é di
midolla, tanto piu ui e di fortezza.
Le parti piu uicine alla midolla ſono piu forti, & quelle, che ſono piu uicine alla ſcorza ſono piu tenaci, & la
piggiore é l’Alburno.
Le piu uicine alla terra ſon le piu ponderoſe, le di mezzo ſono piu creſpe. Le interiori piu cõmode, le eſpoſte al mezzo di
piu ſecche, &
ſottili, et hãno la midolla piu uicina al cortice, in fine molte altre coſe reſterebbeno à dire, ma queſte uoglio, che ſiano à baſtanza,
il reſto con ſomma diligenza ſi troua nel Secondo lib.
di Leone, et di Plinio nel Seſtodecimo, et in Theofraſto, ma quello, che é degno di auuerti-
mento in Vitr.
è la doue egli dice parlando dello Abete, quadrifluuijs diſparatur, non che Vitr. nõ habbia bene interpretato, & Plin. ſimilmente
quãdo dice, Quæ habeant quadripartitos uenarum curſus, biffidos autẽ omnino ſimplices, ma perche Theofraſto dice dizous monozous, tetra
zous, parole tradotte da Theodoro quadriuiuas, biniuiuas, &
uniuiuas come dice Hermolao, lequal parole, et nel Greco, et nel Latino non ſigni
ficano quello che ė in fatto, dico di Theofr asto, et di Theodoro.
Pero ſi può ſtimare, che nel Greco ſiano ſcorrette, perche ſi uede alcuni Abeti, ta
gliati a trauerſo hauer un corſo di uene, che uanno per un uerſo, &
alcuni hauerne due corſi, che uno caualca l’altro, come ſe la dita d’una
5550 mano attrauerſaßero le dita dell’ altra, &
alcuñi hauerne quattro poſti in modo di craticula, ò di rete, come chi poneſſe le dita d’una mano attra
uerſate ſopra le dita dell’ altra, &
ſopra quelle ancho altre fin à quattro ordini.
CAP. X. DELLO ABETE DETTO SOPERNATE, ET INFERNATE,
CON LA DESCRITTIONE DELL’APENNINO.
NAscono le primi radici del mõte Apẽnino dal Mar Tirẽno inſino all’ Alpi, & alle eſtreme parti
di Thoſcana, ma il giogo di quel mõte girãdoſi à torno, &
con mezza curuatura appreſſandoſi alle
riue del Mar Adriano peruiene cõ i ſuoi giri uerſo il mare:
la onde la ſua piegatura di qua, che alle re
gioni di Thoſcana, &
di Cãpagna riguarda, è molto aprica, & fiorita, perche del continuo prende ui
gore dal corſo del Sole, ma la parte di là, che piega al mar di ſopra ſottogiace al Settẽtrione, &
perpe-
6660 tuamente è foſca, &
ombroſa, doue gli alberi, che ſono in quella parte nodriti d’humore nõ ſolo cre-
ſcono in iſmiſurata grandezza, ma ancho le loro uene pregnanti di grãde humilità tumide, &
gonfie ſi ſatiano dell’ab
bondanza del liquore, ma poi che tagliate, è ſpianate perduto haueranno il natural uigore, cangiando col ſeccarſi il ri
gore delle uene, diuentano per la loro rarità uacue, &
ſenza frutto, & però nelle fabriche nõ poſſono durare. Ma quel
le, che in luoghi eſpoſti al Sole ſi generano nõ hauẽdo tra le uene loro alcuna rarità aſciutte dal ſecco ſi fanno piu fer
me, perilche il Sole non ſolamente dalla terra aſciugando, ma ancho da gli alberi, caual’humore, &
p erò quegli alberi
che ſono in parte eſpoſta al Sole aſſodati per le ſpeſſezze delle uene non hauendo rarita alcuna per l’humore, poi che
ſono piani, &
politi per eſſer poſti in lauoro, durano con molta utilità. Et però quelli, che ſono dalla parte inferiore
dello Apennino i quali da luoghi aprici portati ſono, migliori ſi trouano di quelli, che naſcono nella parte ſuperiore,
&
uẽgono da luoghi opachi. Io ho eſpoſto quanto ho potuto con l’animo cõſiderare le copie neceſſarie al fabricare,
7770 di che tẽpre ſiano per natura della meſcolãza de i loro principij, &
quali perfettioni, è diffettihabbiano, accio manife
ſte ſiano à chi intende di fabricare.
Et però quelli, i quali haueranno potuto ſeguitare le leggi di queſti precetti, piu
prudenti ſeranno, &
potranno far nelle opere elettione dell’uſo di ciaſcuna ſpecie. Eſſendoſi adunque detto dello ap
parecchio, reſta, che ne gli altri uolumi io dica de gli edificij, &
prima de i ſacri T empi de gli Dei immortali, & delle
loro miſure, &
proportioni, come ſi conuiene all’ordine propoſto. Ha uoluto Vitr. nel decimo, & ultimo capo di questo Secon
do Libro porre la differenza de gli alberi che naſcono dalla parte del Sole, &
di quelli, che ne i luoghi ombroſi riguardano al Settentrione. La
coſa è facile, &
confermata da Palladio nell’Vndecimo Libro al quintodecimo capo, & da Plinio nel Seſtodecimo Libro al Trenteſimonono.
IL FINE DEL SECONDO LIBRO.

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