Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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3125PRIMO s’uſa da gli Architetti de noſtri tempi, come auche s’uſaua appreſſo i Romani, benche ſia greco, foreſtieri, uſiamolo anche noi, & con le paro
lc uſitate, benche ſtrane, ſormiamo l’intendimento, dice adunque Vitr.
dalle groſſezze delle colonne ò uero dal trigliſo eſſere stata preſa la mi-
ſura della rata parte, ne i tempi dice ſimilmente, dal forame della baliſta, eſſere ſtata preſala miſura di quello, che egli chiama ſcutula, che in
greco peritritos ſi dice, dal peſo della pietra egli prende il ſoro della baliſta, &
dal ſoro piglia la miſura del pezzo di legno detto ſcutula,
&
uuole che la ſcutula ſia di lunghezza di tanti forami, come ſi uedrà nel decimo, al X V I I. Dice adunque Vitr. per darne molti eſſempi,
ò uero come è dal foro della baliſta, nel quale entra il capo della corda ſi prende quello, che da Greci è detto peritriton.
Perche questo ci mi-
ſura dal foro, &
queſta è l’intelligentia di Vitr. come eſpreſſamente nel decimo ſar à dichiarato, & non uuole Vitr. che quel foro ſia detto,
peritriton;
ò uero ſcutula, ma che dal foro ſi prenda la miſura della ſcutula, come dalla palla ſi piglia la miſura del pezzo dell’artigliaria,
coſi ſtimo io rimettendomi à piu ſano intendimento.
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Simigliantemente nelle naui dello ſpatio, che è tra il ligamento d’un remo, & l’altro ſi prende il manubrio, quello
che in greco diiax, &
diichiſis è detto.
Che è quella parte deltimone, che il nocchiero tiene per reggere la naue detta claua, & anſa latinamente, benche qui è preſa per tutto il timo-
ne detto gubernaculo, ma forſe è meglio à dire, che da gli ſchermi, cioè dallo ſpatio, che è tra un ſchermo, &
l’altro ſi piglia quella miſura,
che regola, &
miſura tutto il corpo della Galera, come ho uoluto intendere da quelli che lauorano nell’ Arzanà de Venetiani, & quella miſura
da due cubiti forſe è data in greco, come la chiama Vitr.
Dipichi.
Et ſimigliantemente nell’altre opere, che hanno membri, & parti da eſſe ſi troua la ragione delle miſure di ciaſcuna, poi
ſeguita.
Decoro è l’aſpetto polito di tutta l’opera compoſta con autorità di approuate coſe.
Io eſpono decoro per le coſe, che ſegueno, ma in uero Vitr. abbraccia ſotto nome d’ornamento, & bellezza dell’opere quando egli dice, aſpetto po
2220 lito di tutta l’opora, &
la ſeconda ſi riferiſce al docoro; quando dice, compoſta con autorità di approuate coſe, & perche egli molto bene ſi
laſcia intendere, però io non uoglio piu coſe à pompa reccare, &
doue io ho dimorato, & ſon per dimorare gran necesſità mi ſtrigner à per
maggiore intelligenza delle coſe, dice adunque Vitr.
& ſi laſcia benisſimo intendere parlando dell’ornamento, & Decoro.
Queſto è conſumato, & perfetto, ò per ſtanza, ò per conſuetudine, ò per natura, per ſtanza, quando à Gioue, folgo-
ratore, al Cielo, al Sole, &
alla Luna ſi fanno gli edificij ſcoperti, & ſotto l’Aere, imperoche anco le forme, & glieffetti
di quei Dei preſenti uedemo nello aperto, &
lucente mondo; à Minerua, à Marte, à Hercole i Tempi Dorici ſon con
uenienti, perche à queſti Dei per la uirtù loro le fabriche, (come ſta bene) ſi fanno ſenza delicatezze, ò tenerezze:
ma à Venere, à Flora, à Proſerpina, & alle Nynfe delle fonti ſon l’opere Corinthie mirabilmente conueneuoli, per-
che à queſti Dei per la loro tenerezza l’opere ſottili, &
floride, ornate di foglie, & di uolute, pare, che accreſchino
il douuto ornamento;
ma à Giunone, à Diana, al padre Baccho, & à gli altri Dei, iquali ſono della ſteſla ſimiglianza
3330 facendoſi i lauori Ionici, egli ſi riguarderà alla uia di mezzo, perciò che &
dalla ſenerità della maniera Dorica, & dal
la delicatezza della Ionica ſarà la loro propietà moderata.
Dalle parole di Vitr. il prudente Architetto puo trar molti bei documenti circa il Decoro, & gli adornamẽti, che conuengono alle ſabriche de gior-
ni noſtri, imperò, che ſe bene noi non bauemo gli Dei falſi, &
bugiardi de gli Antichi, non ci manca però di potere ſeruare il decoro nelle chie-
ſe conſecrate à i ueri amici del uero Dio, &
anche alla Maeſtà di quello, & come, che molti ſono, & differenti nello ſplendore di diuerſe
uirtuti, come le ſtelle del cielo egli ſi può bene uſare ogni maniera coueniente, &
propia à gli effetti di ciaſcuno; l’austerità di Santi, che nella
ſolitaria uita macer ati ſi ſono, in digiuni, uigilie, orationi, ricerca ſodi, &
inculti lauori, la ſemplicità, & purità uirginale i piu gentili,
&
delicati, & ſimilmente lamoder ata uita ricerca l’una, & l’altra parte, per ſeruar quel, che ſi conuiene; ma non ſi deue credere, che ſo-
lamente ſieno tre maniere d’opere, perche Vitr.
n’habbia tre ſolamente numerate, perciò che egli ſteſſo nel quarto libro al ſettimo cap. ag-
giugne la Toſcana, &
i moderni ue metteno un’altra, & in potere è d’un prudcnte, & circonſpetto Architetto di componere con ragio-
ne di miſure molte altre forme, che non ſaranno da eſſer diſprezzate, hauendo ciaſcuno la ſua ragione, &
propio Decoro, ma queſte ſono le
4440ſemplici.
Alla conſuetudine ſi accommoda la conueneuolezza, quando le parti di dentro magnifiche, & l’entrate belle, & con-
formi ſi faranno, perche ſe gli edificij interiori faranno bel uedere, &
l’entrate ſaranno baſſe, & brutte non ci
ſarà bellezza, ne decoro.
Similmente, ſe ne gl’architraui dorici ſcolpirannoſi i dentelli nelle corone, cioè goc-
ciolatoi, ò uero ſe ne i capitelli fatti à ſponde, ò ne gli architraui Ionici ſi faranno i membrelli ſcannellati Triglifi no-
minati, togliendo altroue la propietà de i membri s’oſtenderà l’occhio de riguardanti per eſſer l’uſanza in con-
trario.
Propio è nel gocciolatoio Ionico ſcolpire i dentelli, queſti ſe nell’opera Dorica trapportati ſaranno, come ſece colui, ilquale fabricò il Theatro,
che Auguſto in nome di Marcello ſuo Nipote ſe fare, offender à gli occhi aſſuefatti ad altra ueduta;
Similmente farà colui, che negli architra-
ui Ionici ſarà ne i fregi, imembrelli ſcannelletti, che ho detto eſſer Triglifi nominati, perciò che queſti ſon propij de gli architraui dorici, come
5550 Vitr.
ci dimoſtra nel quarto libro al terzo, io laſcio al ſuo luogo la dichiaratione di molti uocaboli per non rittardare la intentione di chi diſide-
ra ſapere ordinatamente il tutto.
Il decoro naturale ſarà, ſe prima nel fabricare ogni Tempio elette ſaranno le regioni ſomniamente ſane, & le fonti
dell’acque ne i luoghi, doue ſi faranno le chieſe;
dipoi ſpecialmenie ad Eſculapio, alla Salute, & à quegli Dei per le
medicine de quali molti infermi acquiſtato hanno la lor ſalute, perche quando di luogo peſtilente in buona parte
i corpi condotti ſono, &
dalle fonti le buoneacque li ſon recccate, molto preſto ricourano la ſanità, dal che poi
uiene, che dalla natura del luogo diuotione ſi prende, &
l’oppinione della diuinità con grandezza, & credito
ogni giorno ſi faccia maggiore.
Appreſſo il Decoro dalla natura ſi piglia, ſe per le ſtanze, oue ſi dorme, & per
le librerie ſi piglieranno i lumì del Leuante per li bagni, &
luoghi del uerno, dalla parte doue il Sole tram-
monta la inuernata, per le cancellarie ò ſcrittoi, &
per quei, che richieggono certa equalitâ di lumi dal ſetten-
6660 trione, perche quella parte del Cielo non ſi fa piu chiara, ne piu oſcura per lo corſo del ſole, ma è certa, &
non ſi
muta in tutto il giorno.
Perche Vitr. nel quinto al decimo, & nel ſeſto al ſettimo cap. ragiona delle coſe dette, & ſimilmente nel quinto al duodecimo, & in altri
luoghi ragiona del decoro, &
della bellezza. 10 non uoglio per le antedette ragioni preuenire con dichiaratione di uocaboli la intelligenza ri-
ſeruata al luogo ſuo;
baſtimi dire che la bellezza, & decoro è relatione di tutta l’opera all’aſpetto, & à quello, che ſta bene à chi è l’opera in
drizzata ſeruando l’uſanza, et la commodità della natura, ſeguita, che dichiaramo l’ultima parte, detta distributione, ò uero Diſpenſatione.
La Diſtributione è commoda, & utile diſpenſatione delle coſe, che biſognano, & del luogo, & moderato tempera-
mente della ſpeſa fatta con ragione.
Queſta s’oſſeruerà ſe prima lo Architetto non s’affaticherà in cercar quelle co-
ſe, che non ſi poſſono hauere, ò trouare ſenza ſmiſurata ſpeſa, perciò che non in ogni luogo ſi caua l’arena, ne per
tutto è copia di Cementi, di Abeti, di Sabbine, di Marmi, ma una coſa in un luogo, &
altra in altra parte ſi tro-
7770 ua, &
le condotte di tai coſe ſon difficili, & di ſpefa, & però doue non ſi può cauare ſabbione di foſſe, uſiſi
quello de Fiumi, ò uero l’arena del mare ben lauata;
fuggirannoſi i biſogni de gli Abeti, & delle Sabbine uſandoſi
il Cipreſſo, il Poppio, l’Olmo, ò uero il Pino, &
in tal maniera ſi ſpediranno l’altre coſe, che reſtano, euui un’al-
tro grado di Diſtributione, quando ſi fabrica all’uſo de padri di famiglia, ouero ſecondo la commodità del di-
naro, ouero ſecondo la dignità della bellezza;
perciò che pare, che altrimenti s’habbia à fare le caſe nella cit-
tà, altrimenti quelle, nelle quali ſi hanno à riporre i ſrutti delle uille, &
non ſarà quello iſteſſo il fabricare per

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