Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1re, breuemente mi eſpediro, accioche ſiano mandati a memoria, perche coſi piu ageuol­
mente le menti le potranno riceuere. Cioè intendere, & capire perche il noſtro intendere
non è altro, che uno certo riceuimento.
Per le dette ragioni adunque Vitr. uuole eſſer breue,
quanto però puo portare il trattamento di coſa difficile.
Oltra, che ne adduce un'altra ragio­
ne dicendo.
Similmente hauendo io auuertito la città eſſere occupata in publiche, & priuate facen
de, ho giudicato, che ſi debbia ſcriuere con breuità, accioche nella ſtrettezza dell'ocio,
quelli, che leggeranno poſsino breuemente capire.
Vuol dire Vitr. Quello, che ne gli ſcritti miei non puo fare il numero, & la bellezza de i uer­
ſi, la commodit à di allargarſi, & la nouit à de i ſucceſſi delle coſe, farà la breuità, & la chia­
rezza dello inſegnare, che anche inuita a leggere gli occupati, & trauagliati in diuerſe facende.

Hor che utilità ci porti la breuità nello inſegnare ſi dimoſtrada una conſuetudine di Pithagora fi­
loſofo eccellentiſſimo, il quale diſideroſo, che i precetti ſuoi reſtaſſero nelle menti di chi gli aſcol­
taſſe non ſolamente era breue in dare un precetto: ma anche tutta la ſomma de i ſuoi precettirin­
chiudeua in un certo, & determinato numero, il quale miſterioſamente (diceua egli) a coſa ſtabi­
le, & immobile aßimigliandoſi poteua nella mente con ſomma ſtabilità, & fermezza ripoſ arſi.

Et però dice Vitr
Coſi anche piacque a Pithagora, & a ſuoi ſeguaci ne i uolumi loro ſcriuere i precetti,
che dauano, con ragioni cubiche, & fecero il cubo di ducento, & ſedici uerſi, & quelli
giudicarono non douer eſſere piu di tre in uno trattamento.
ll cubo è corpo riquadrato di
ſei lati, d'egual larghezza di piano, queſti poſcia che è tratto, ſe non è tocco, tiene in quel
la parte, che egli ſi poſa, una immobile ſtabilità come ſono i dadi, che ſi tranno da i gio­
catori nel tauolieri.
I precetti de i Pithagorici erano breui, & raccolti in uerſetti, come queſti. Non percuoter
il fuoco col coltello.
Laua il piè manco prima, & calcia il deſtro. Senza mangiarla trapian­
ta la malua.
Nella tua caſa non laſciar le Rondini. Nè core, nè ceruello mangierai. Non ori­
nar, nè parlar contra'l ſole.
Lo ſpecchio alla lucerna non guardare. Fuggi la uia regale, ſegui
il ſentiero.
Sputa nel unghie tue, ne i tuoi capelli. Et ſimilmente formauano molti altri precetti
detti con ſomma breuità, a i quali dauano altro intendimento di quello, che ſonauano le parole:
& uolendo trattare d'una coſa ſola, ſtando fermi in una materia, raccoglieuano quelli uerſetti
in una certa, & determinata ſomma preſa dal numero cubo.
Si come cubo ſi chiama, & è quel
corpo, che è di ſei lati, & di ſei quadrati, & faccie eguali come un dado, coſi cubo ſi chiama
quel numero, che di ſei numeri piani contento per ogni uerſo tiene eguali dimenſioni.
Naſceno i
cubi dopo la unità diſponendo i numeri diſpari, che naturalmente diſpoſti ſono, ponendo prima i
due diſpari, da poi i tre ſeguenti, da poi i quattro, che uengono, & coſi di mano in mano.
Ec­
co lo eſſempio.
Laſcia l'unità, & piglia i due primi diſpari che ſono 3. & 5. queſti raccolti
fanno 8. che è il primo cubo. piglia i tre ſeguenti diſpari 7. 9. 11. & ſommagli, queſti fanno 27.
che è il ſecondo cubo. & coſi ua ſeguit ando ne i quattro ſeguenti diſpari 13. 15. 17. 19. che po­
ſti inſieme fanno 64. che è il terzo cubo. Quando adunque ſia, che moſſo il punto ſi faccia la li­
nea; & moſſa la linea ſi generi la ſoperficie; & moſſa la ſoperficie ſi faccia il corpo, non è
lontano dalla ſimiglianza, ſe pigliando la unità, & continuandola produrremo un numero linea­
re.
il qual numero continuato per lo ſuo uerſo faccia il numero ſoperficiale, il quale moſſo anch'e­
gli faccia il ſodo, come ſe uno ſi aggiugneſſe all' unità, il numero nato, che è due, dimostreria per
una certa ſimiglianza, la lunghezza, che è propria della linea: & moſſo il due, come linea, ſi
aggiugne alla lunghezza, anche la larghezza, & ſi fa quattro, che è numero ſuperficiale, che
riſponde al quadrato.
quessti moltiplicato per due, che è uno de ſuoi lati, come ſe egli ſi moueſſe,
ne genera il ſodo, a ſimiglianza delle figure cubo nominato.
Et però non uale a dire ſe ſono ſei
faccie, biſogna, che ci ſiano ſei unità.
Dice adunque Vitruuio, che i Pithagorici con ragioni

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