Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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1afferma, che i letterati habbiano ſeguitato le ombre: ma dice {Pare} dinotando che il g'udi­
cio de gli imperiti è fatto ſopra le coſe apparenti.
Et però mi pare, che molti uaneggiano nel de­
cidere qual ſia piu nobile, o la Scultura, o la Pittura; improche uanno alla materia, al tem­
po, & a molti altri accidenti, che non ſono dell'. Arte.
perche l'Arte è nello intelletto, la doue
tanto è pittore, & ſcultore il diuino Michiel Angelo, dormendo, & mangiando, quanto ope­
rando il pennello, o lo ſcarpello: però egli ſi doueria conſiderare, quale è piu degno habito nello in
telletto, la Pittura, o la Scultura.
& coſi laſciati i marmi, gli azurri, i rilieui, & le
proſpettiue, la facilità, ò la difficultà delle dette Arti; & allhora egli ſi potrebbe dire qualche
coſa, che haueſſe del buono ma hora non è tempo di decidere queſta quiſtione.
Dice adunque
Vitr. che l'Arte non deue eſſer ocioſa, ma con eſſa lei eſſer neceſſarie le mani; & queſto approua
con altre parole dicendo.
Perche ſe in ogni altra coſa, come ſpecialmente nell'Architettu
ra, queſte due parti ſi truouano cioè la coſa ſignificata, & quella, che ſigniſica, la coſa ſi­
gnificata, è l'opera propoſta, dellaquale ſi parla.
Quella, che ſigniſica è la proua, & il
perche di quella, con maeſtreuole ragione di dottrina eſpreſſo, & dichiarito.
Trale Arti ne ſono alcune, il fine delle quali non paſſa oltra la conſideratione delle coſe a quel
le ſoggette, come ſono le Mathematiche.
Alcune ſono che oltre la conſideratione uengono alla
operatione, ma ceſſando l'operatione niente reſta di fatto.
Come è l'arte del ſuonare, & del ſal­
tare, & altre ſimiglianti.
Sonoui alcune che dietro a ſe laſciano alcuna opera, o lauoro, come è
l'Arte Fabrile, & l'Arte del fabricare.
Appreſſo ue n'ha che a prendere, & acquiſtare ſi dà,
come la caccia delle fiere, l'uccellare, & la peſcagione, in fine altre non a conſiderare, non a fi­
nire, non a pigliare intente ſono.
Ma correggono, & emendano gli errori, & i danni delle coſe
fatte, & quelle racconciano; come forſe è la medicina, ſecondo Galeno.
Con tutte le predette
Artianzi ſopra tutte è l'Architettura, come giudice, ch'ella è di ciaſcuna.
La onde è neceſſa­
rio, che in eſſa ſi conſideri alcuna coſa fatta, o da eſſer fatta, & la ragione: Et però due coſe ſo­
no, l'una è la ſignificata, & propoſta opera, l'altra è la ſignificante cioè dimoſtratiua ragione.

Tutti gli effetti adunque, tutte le opere, o lauori delle Arti, tutte le concluſioni di tutte le ſcien
ze ſono le coſe ſignificate; ma le ragioni, le proue, le cauſe di quelle ſono le coſe ſignificanti.
Et
queſto è, perche il ſegno ſi riferiſce alla coſa ſignificata: lo effetto alla cauſa: La concluſione alla
proua.
Ma per dichiaratione dico, che ſignificare è per ſegni dimoſtrare, & ſegnare è imprime
re il ſegno.
La doue in ogni opera da ragione drizzata, & con diſegno finita, è impreſſo il ſe­
gno dello Artefice, cioè la qualità, & la forma, che era nella mente di quello.
percioche lo
Artefice opera prima nello intelletto, & concepe nella mente, & ſegna poi la materia eſteriore,
dello habito interiore {Specialmente nell'Architettura.} Percioche ella ſopra ogni arte ſigni­
fica cioè rappreſenta le coſe alla uirtu, che conoſce, & concorre principalmente a formare il con
cetto ſecondo la ſua intentione: & queſto è proprio ſignificare.
Ma l'eſſer ſignificato è proprio
eſſer rappreſentato al ſopra detto modo.
De i ſegni alcuni ſono coſi adentro, che ueramente ſono
come cagioni delle coſe.
Altri fanno una ſoperſiciale, & debile iſtimatione di quelle. Lo Ar­
chitetto laſcia queſti ultimi ſegni all'oratore, & al poeta, & inſieme con la Dialettica, che è
modo dello artificioſo diſcorſo abbraccia quelli, perche ſono neceſſarij, intimi, & concludenti.
Donde adiuiene, che chi fa profeſsione di Architetto pare, che nell'una, & ne l'altra
parte eſſer debbia eſſercitato.
Ogni agente nel grado, che egli tiene deue eſſer perfetto, accioche l'opera compita, & per­
fetta ſia.
Tre ſono gli agenti, Diuino, Naturale, Artificiale: cioè Iddio, la natura, l'huo­
mo.
Noi parleremo dell'huomo. Se adunque l'Architettura è coſi eccellente, che ella giudica
l'opere delle Arti, biſogno fa, che lo Architetto ſia in talmodo formato, che egli poſſa far
l'ufficio del giudicare: Et però direi, che le infraſcritte coſe gli ſono neceſſarie.
Prima, che egli
ſia di natura docile, & perſpicace, cioè, che dimoſtratagli una coſa molto ageuolmente & pre­
ſto l'apprenda.
Et benche di natura diuina è colui, che da ſe troua, & impara, non è però di

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