Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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La dichiaratione di alcuni uocaboli ci darà ad intendere quanto dice Vitr. Deonſi fare i bagni
ſecondo
la moltitudine delle perſone.
Egli ſi legge che Agrippa ne fece cento & ſettanta a bene­
ficio
del populo.
crebbero poi quaſi in infinito, & col numero ſi ſatisfaceua a quello, che la gran
dezza
non poteua preſtare.
La miſura era, che la lunghezza fuſſe tre parti, & la larghezza
due
.
Ecco la proportione ſeſquialtera. ma in queſta larghezza non ſi comprendeua il labro, &
il
luogo, doue aſpettauano quelli, che doueuano eſſere lauati.
L'altro era una foſſa, o uaſo capa
cißimo
, dentro il quale era l'acqua da lauare, d'intorno il quale erano alcuni parapetti, doue le
perſone
s'appoggiauano aſpettando, che i primi uſciſſero del labro, queſti ſono dettiſchole, ouero,
(il che mi piace piu) erano alcune banche d'intorno i labri, doue ſi aſpettaua, & la larghezza
del
labro, che egli chiama alueo tra il parete & il parapetto, era di piedi ſei, due de i quali era­
no
occupati dal grado inferiore, & dal puluino, il quale ſtimo io, che fuſſe una parte, doue s'ap­
poggiauano
ſtando nel bagno.
il labro era ſotto il lume. Il Laconico era quello, che anche ſuda­
toio
ſi chiama, detto coſi da i Lacedemonij, perche in luoghi ſimili ſi ſoleuano eſſercitare.
Clipeo
io
ho interpretato coperchio, & è coſi detto dalla forma d'uno ſcudo, che era rotonda.
queſto era
di
rame, & ſi alzaua, & abbaſſaua per temperare il caldo del bagno.
Leggi Palladio al Capo
quadrageſimo
del primo libro.
90[Figure 90]

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