Vitruvius Pollio
,
I dieci libri dell?architettura
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1567
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archimedes
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chap
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subchap1
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subchap2
>
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s.000226
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9
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chieſa. </
s
>
<
s
id
="
s.000227
">& non uogliono conſiderare, che non hanno, Geometria, nè Arithmetica, nè intende
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lb
/>
no la for za delle proportioni, & la natura delle coſe. </
s
>
<
s
id
="
s.000228
">Egli biſogna adunque hauere eſſercitio, &
<
lb
/>
fabrica; biſogna diſcorſo. </
s
>
<
s
id
="
s.000229
">Il diſcorſo come padre; la Fabrica è come madre dell'Architettu
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lb
/>
ra.
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{
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La fabrica è continuato penſiero dell'uſo.
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}
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Ogni artificioſo componimento ha lo eſſer
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lb
/>
ſuo dalla notitia del fine come dice Galeno. </
s
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<
s
id
="
s.000230
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<
lb
/>
noſcimento del fine. </
s
>
<
s
id
="
s.000231
">Fine intendo io quello, a cui s'indrizza la operatione: Et in queſto lo intel
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lb
/>
letto conſidera, che coſa è principio, & che coſa è mezo. </
s
>
<
s
id
="
s.000232
">& truoua che il principio ſi conſide
<
lb
/>
ra in modo di preſidenza, & nel principiare il fine è prima dello agente, perche il fine è quello,
<
lb
/>
che muoue all'opera: lo agente è prima che la forma, perche lo agente induce la forma; & la
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lb
/>
forma è prima, che la materia: imperoche la materia non è moſſa, ſe la forma non è prima nel
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lb
/>
la mente di colui che opera. </
s
>
<
s
id
="
s.000233
">Il mezo ueramente è il ſoggetto nel quale il fine manda la ſua ſimi
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lb
/>
glianza al principio, & il principio la rimanda al fine: però non è concordanza maggiore di
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lb
/>
quella, che è tra'l principio, e'l fine. </
s
>
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s
id
="
s.000234
">oltra di queſto egli ſi comprende che chiunque impediſce il
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lb
/>
mezo, leua il principio dal fine: & che il mezo per cagione del principio s'affatica, & riſpetto
<
lb
/>
al fine ſiripoſa. </
s
>
<
s
id
="
s.000235
">Volendo adunque fabricare, biſogna conoſcere il fine, come quello, ch'al me
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lb
/>
zo impone forza, & neceſſità. </
s
>
<
s
id
="
s.000236
">Ma per la cognitione del fine è neceſſario lo ſtudio, & il penſa
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lb
/>
mento: Et ſi come il ſaettatore non indrizzarebbe la ſaetta alla brocca, ſe egli non teneſſe fer
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lb
/>
ma la mira, coſi l'Artefice non toccarebbe il fine, ſe con la mente altroue egli ſi riuolgeſſe. </
s
>
<
s
id
="
s.000237
">
<
lb
/>
L'uſo adunque è (come s' è detto) drizzare le coſe al debito fine: come abuſo è torcerle da quel
<
lb
/>
lo. </
s
>
<
s
id
="
s.000238
">Ma per hauere queſto indrizzamento delle coſe al fine, fa biſogno d'hauere un'altro uſo, ilqua
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lb
/>
le uuol dire Aſſuefattione, laquale non è altro, che ſpeſſa, & frequentata operatione d'alcuna
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lb
/>
uirtù, & potenza dell'anima, o del corpo. </
s
>
<
s
id
="
s.000239
">onde egli ſi dice eſſer uſato alle fatiche, eſſer uſato, po
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lb
/>
ſto in uſo, uſanza, & conſuetudine. </
s
>
<
s
id
="
s.000240
">Biſogna adunque eſſer uſo di continuamente penſare al fi
<
lb
/>
ne. </
s
>
<
s
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="
s.000241
">Et però dice Vitr.
<
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="
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"/>
</
s
>
<
s
id
="
s.000242
"> Fabrica eſſer continuo, & eſſercitato, & come uia trita, & battu
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lb
/>
ta da paſſaggieri frequentato penſiero d'indrizzare le coſe a fine conueniente. </
s
>
</
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>
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">
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s
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="
s.000243
">
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="
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Et da queſte parole ſi dimoſtra la utilità che era conditione dell'Arte. </
s
>
<
s
id
="
s.000244
">Ma perche con tanta
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lb
/>
ſollecitudine di penſiero affaticarſi, a che ſenza intermiſſione penſare? </
s
>
<
s
id
="
s.000245
">certo non per altro, che
<
lb
/>
per manifeſtare in qualche materia eſteriore la forma, che prima era nel penſiero, & nella men
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lb
/>
te; & però dice Vitr. dando fine alla diffinitione della Fabrica, quella eſſere operatione manife
<
lb
/>
ſta in qualche materia fuori di noi, ſecondo il penſiero, che era in noi. </
s
>
<
s
id
="
s.000246
">Vero è, che Fabrica è
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lb
/>
nome commune a tutte le parti dell'Architettura, & molto piu abbraccia, di quèllo che commu
<
lb
/>
nemente ſi ſtima, come ſi dirà poi.
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="
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"/>
</
s
>
<
s
id
="
s.000247
"> Diſcorſo è quello che le coſe fabricate prontamente,
<
lb
/>
& con ragione di proportione puo dimoſtrando manifeſtare. </
s
>
</
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="
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">
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s
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="
s.000248
">
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Il diſcorſo è proprio dell'huomo, & la uirtu, che diſcorre, è quella che conſidera quanto ſi puo
<
lb
/>
fare con tutte le ragioni all'opere pertinenti; & però erra il diſcorſo, quando lo intelletto non
<
lb
/>
concorda le proprietà delle coſe atte a fare, con quelle che ſono atte a riceuere. </
s
>
<
s
id
="
s.000249
">Diſcorre adun
<
lb
/>
que l'huomo, cioè applica il principio al fine per uia del mezo: ilche, come s'è detto, è proprio
<
lb
/>
della humana ſpecie. </
s
>
<
s
id
="
s.000250
">Auenga che gli antichi habbiano à gli altri animali conceſſo una parte di
<
lb
/>
ragione, & chiamati gli habbiano maeſtri dell'huomo, dicendo, che l'Arte del teſſere è ſtata
<
lb
/>
preſa dalla Ragna, la diſpoſitione della caſa, dalla Formica, il gouerno ciuile dalle Api; ma noi
<
lb
/>
trouamo, che quelli ſono inſtinti di natura, & non diſcorſi dell'Arte: & ſe Arte ſi deue chia
<
lb
/>
mare la loro naturale, & non auueduta prudenza, perche non ſi potrebbe ſimilmente Arte chia
<
lb
/>
mare la uirtù che nelle piante, & nelle pietre ſi truoua? </
s
>
<
s
id
="
s.000251
">Come l'Arte dello Elleboro purgar il fu
<
lb
/>
rore, l'Arte della pietra ne i nidi dell'Aquile, detta Aetite, rilaſciare i parti? </
s
>
<
s
id
="
s.000252
">Perche anche
<
lb
/>
non ſi potrebbe dire eſſere un'Arte diuina che regge, & conſerua il mondo? </
s
>
<
s
id
="
s.000253
">una Celeſte che re
<
lb
/>
gola i mouimenti de i cieli? </
s
>
<
s
id
="
s.000254
">una Mondana, che tramuta gli elementi? </
s
>
<
s
id
="
s.000255
">Ma laſciamo la tralatione
<
lb
/>
de i nomi, fatta per la ſimiglianza, & pigliamo la uerità, & la proprietà delle coſe. </
s
>
<
s
id
="
s.000256
">Diſcorſo
<
lb
/>
adunque è come padre, ſecondo che detto hauemo di ſopra, dell'Architettura: nel quale ui biſo-
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"/>
</
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>
</
p
>
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subchap2
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chap
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>
</
archimedes
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