Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

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213194LIBRO Proportionatament’ ancho minori,
Et queſt’ è di natura un largo dono,
Che quant’ iui ripiglia, qui ripone
E in ciò concorda quell’eterno ſuono.
Ma noi ſeguend’il uer della ragione
Gia cominciata, altronde pigheremo
Da far piu forte noſtra oppenione.
Vedeſi adunque dal ualor ſupremo
Del Ciel tirarſi in giro il fuoco, &
l’onda
El corpo, ch’è tra queſto, &
quell’, eſtremo
Il calor grand’ all’hor molto piu abbonda,
Quando la Luna nella part’ oppoſta
Al Sol dimostra la ſua ſaccia tonda,
L’antichißimo ſpirto, che s’accoſta
Alla ruota maggior ferma la terra,
Che non riuolge ne lato, ne costa,
Et quel pianeta, ch’è ſopra la guerra,
Odi cagion di nuoua marauiglia,
Tra i primi corpi l’agguaglianza ſerra.
Appreſſo ancor la nobile famiglia,
I metalli, le pietre, &
l’altre coſe
Come propie richezze in guardia piglia.
Ne ſi puon dire le uirtuti aſcoſe
Ne gli animai, nell’ acque, &
nelle piante,
Ch’à marauiglia ſon marauiglioſe,
Laſciamo dunque à dietro il mondo errante,
Et ſeguitiam’ à dir’ cioche da humore
Si fa qua giu con apparenze tante.
Surge da terra l’humido uapore
Tratto dal Sol’ alla men calda stanza
E apoco apoco prende piu uigore.
B in questo ſpatio fa gran raunanza
Tanto, che ſi condenſa, &
ſi riſtrigne
In folta nebbia, &
di nera ſembianza,
Il freddo e la cagion, che la costrigne
Come ſponga, che d’acqua piena ſia
Spreme l’humor, che la terra dipigne,
Tal’ hor minute ſon le goccie in uia
Tal’ hor piu groſſe, come che’l ſuggetto
Piu copioſo, ò meno ſi diſuia,
Et ſpeſſo l’aer puro in ſe riſtretto
Da potenza ſupern’ in pioggia uolto
Acqua giu manda piena di diletto.
Queſto nel grembo della terr’ accolto
Pregna la rende ond’ella poi s’inſiora,
E in uerdeggiante gonna ha il ſen’ in uolto
Poſcia Vertunno, con Pomona, & Flora
El Padre Bacco, &
mill’ ancichi numi,
Lodan’ il Sol, che ſi bell’ anno honora
Ma quando l’aer riuers’ i ſuoi fiumi,
Come da i monti delle nubi aperte
Con ſpauentoſi, e horribili coſtumi.
Et ſon le uoci ſtrepitoſe inſerte
Del mormorar’, e in ogni parte rugge
Con fiamme ſparſe, mobili, &
incerte:
Ciò naſce dal ſoffiar, ch’intorno mugge
Et con gran forza indura il foſco nembo.
Ch’impatiente del legame fugge.
Pero ſi uede hor anguloſo, bor gembo
L’aſpetto della nube intorno cinta
Da ſi feroc’, e impetuoſo lembo,
Ma perche ſia la mia ragion distinta,
Dirò de ſegni della pioggia, &
quali
Et quanti ſon con maeſtreuol tinta
Chi ued’ il fumo con ſue turbid’ ali
Salir’ al Cielo, &
apparir in forma
Di nebbia, ò di uapori ò fumi tali,
Può giudicar ſenz’hauer altra norma
Che l’aer pregno à piouer s’apparecchi,
Che raro in altra coſa ſi trasforma.
Quand’ ancho dietro à gl’humidi, e rubecchi
Vapor’ il Sol roſſeggia in oriente,
Segn è di pioggia, &
di ſuoi molli ſpecchi.
Il gracidar della fangoſa gente
Et dalcun’ uccelletti il canto moſtra
La piu groſſa ruggiada eſſer preſente.
L’auida pecorell’ ancho il dimoſtra
Col ſuo morſo bramoſo, &
l’arrogante
Moſca, che ſempre uuol uincer la giojira.
Lo ſentillar delle lucerne innante
Inditio d’acqua copioſa porge,
Et l’humido del muro circoſtante.
Quando con men liquor’, il fonte ſorge,
Et con corſo men fort’il fium’è moſſo,
Vn buon giuditio del piouer s’accorge.
Mill’altri ſegni ſon, che dir non poſſo,
In breue ſpatio, &
da quei ſaui inteſi,
1110 Ch’affatican del mar l’humido doſſo.
Molti ne ſon d’agricoltoti appreſi,
Et molti ancor dalle genti, che ſanno
L’uſanza, &
i costumi de paeſi.
Ch’è inanzi il caſo il ſucceſſo diranno.
CAPITOLO.
L’anima ſemplicetta, che diſcende
Dalla celeſt’ terrena ſtanza,
Aſſai meno, che prim’il uero apprende,
2220
Perche distolta dalla prim’ uſanza,
Rinchiuſa come Danae n@l fondo
Viue della miſerrima ignoranza.
Il benigno ſuo padre, che nel mondo
Volle mandarla del ſuo amore acceſo
Si cangia in Oro lucid’, &
fecondo.
L’oro e’l ſaper’, & il bel uero inteſo
Che dà benigno influſſo nella mente
Fa ricco l’huomo ſoura Mida, ò Creſo.
os’il perduto bene tra la gente
3330 Del ſecolo ſi trou’, &
ſi racquista,
Ma non ſenza fatica, ò ſtudio ardente.
Ben’è la conoſcenza alquanto miſta
Da fantaſime, &
forme, che @dal ſenſ@
Naſcono in noi dall’udit’, &
la uista
Trouas’infine dallo ſtudi’ immenſo
Coſi pur’, &
purgato l’intelletto
Che rend’ à Gioue l’honora o cenſo
Questo ſi uede chiar da quel, chi ho detto
Ch’oltr’ il bel uer delle notitie prime
4440 Da gl’accidenti naſce il uer concet@o.
Queſti n’han fatto con ſcienze opime
Tornar delle materie nelle quali
La forza del calor uero s’imprime
I lampi, le Comette, i fuochi tali
Per le coſe uiſibili ſon fatti
A’ gl’mtelletti de gl’huomini eguali
Et gl’humidi uapor’ ancho ſon tratti
Per l’accident’alla notitia noſtra,
Come ſi fanno, &
come ſon disſatti.
5550
Hor ſegue quello, che mia muſa mostra
Della rugiada dir’, &
della brina
Et del reſto conform’ à ſimil moſtra
Dolce calor dalla luce diuina
Dolcemente un uapor lieua dal piane
Nella parte dell’aer piu uicina
La notte col ſuo freddo uelo, e piano
Restringue quel uapor’, &
quell’inuoglie
In gocciole conuerſo à man’ à mano
Queſt’all herbette, à i fior’, & alle foglie
6660 Tremolando s’accosta, &
nel mattino,
I bei raggi del Sol, quel ſpecchio accoglie
Simil uapor’ fa il gelo mattutino
Ma perch’il gelo, è piu potente, &
forte
Però ſi strigne e diuenta piu fino.
Speſſo ſi ſono le perſon’accorte
Ch’al baſſo la rugiada ſi condenſa
Per non eſſer calor ch’alto la pote.
Perche ſedend’ à diletteuol menſa
Ne bei prati la ſera hanno ſentite
7770 Che tal uapor di ſotto ſi diſpenſa.
Il luogo, & la ſtagion ſanno l’inuito
A queli’unpreßion, che ſpeſs’ amarò
Et ſpeß’ ha dolc’ il guſto, &
ſaporit@.
S’hebbe gia un cibo precios’, & caro
Simil’alla rugiada, &
per far fede
Quanto puo il cielo con inditio chiaro.

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