Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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glia: coſi pare, che lo aſpetto habbia fallace il giudicio de gli occhi.
Eſſendo adunque che
le coſe uere pareno falſe, & prouando ſi da gli occhi alcune coſe altramente di quello, che
ſono, io non penſo, che biſogni dubitare, che alle nature, o necefsità de i luoghi, non ſi
debbia fare gli accreſcimenti, ouero le diminutioni, ma in modo, che in ſimil opere niente
ſi deſideri.
Et queſto non ſolo per dottrina, ma per acutezza d'ingegno ſi puo fare: & pe
rò prima ſi deue ordinare la ragione delle miſure, dallaquale ſi poſſa ſenza dubitatione pi­
gliare il mutamento delle coſe.
Dapoi ſra eſplicato lo ſpacio da baſſo dell'opra, che ſi de­
ue fare per larghezza, & per lunghezza, dellaqual opera quando una fiata ſarà la grandez­
za conſtituita lo apparato della proportione alla bellezza ne ſegua, accioche dubbio non
fia l'aſpetto della Eurithmia, a chi uorrà ſopra conſiderare: della quale con che ragioni ſi
faccia ne dirò; ma prima ragionerò come ſi debbiano fare i Cortili ſcoperti, delle caſe,
Cauedij nominati.
Io ho detto, che molto ragioneuolmente Vitr. ha uoluto replicare nel ſeſto libro quellè coſe,

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