Vitruvius, I Dieci Libri dell' Architettvra di M. Vitrvvio, 1556

Table of contents

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[51.] CAP. III. DEL THEATRO.
[52.] CAP. IIII. DELL’ARMONIA.
[53.] CAP. V. DE I VASI DEL THEATRO.
[54.] CAP. VI. DELLA CONFORMATIONE DEL THEATRO.
[55.] CAP. VII. DEL COPERTO DEL PORTICO DEL THEATRO.
[56.] CAP. VIII. DI TRE SORTF DI SCENE.
[57.] CAP. VIII. DI TRE SORTI DI SCENE.
[58.] CAP. X. DELLA DISPOSITIONE ET DELLE PARTI DE I BAGNI.
[59.] CAP. XI. DELLA EDIFICATIONE DELLE PALESTRE, ET DE I XISTI.
[60.] CAP. XII. DE I PORTI, ET DE GLI EDIFICI CHE NELL’ACQVA SI DEONO FARE.
[61.] IL FINE DEL QVINTO LIBRO.
[62.] LIBROSESTO DELLA ARCHITETTVRA DIM. VITRVVIO.
[63.] PROEMIO.
[64.] CAP. I. DI DIVERSE QVALITA’ DE PAESI ET VARII ASPETTI DEL CIELO; SECONDO I QVALI SI DEONO DISPORRE GLI EDIFICII.
[65.] CAP. II. DELLE MISVRE, ET PROPORTIONI DE I PRIVATI EDIFICII.
[66.] QVESTA E VNA PARTE DELLA FACCIATA DELLA CASA PRIVATA.
[67.] CAP. III. DE I CAVEDI DELLE CASE.
[68.] CAP. IIII. DE GLI ATRII, ALE, TABLINI.
[69.] CAP. V. DE I TRICLINI, STANZE, ESSEDRE, ET DELLE LIBRERIE ET DELLE LORO MISVRE.
[70.] CAP. VI. DELLE SALE AL MODO DE GRECI.
[71.] CAP. VII. A CHE PARTE DEL CIELO OGNI MANIERA DI EDIFICIO DEVE GVARDARE ACCIO SIA VTILE, E SANA.
[72.] CAP. VIII. DE I PROPI LVOGHI DE GLI EDIFICI, E PRI-V’ATI, E COMMVNI, ET DELLE MANIERE CONVE-NIENTI AD OGNI QVALITA DI PERSONE.
[73.] CAP. IX. DELLE RAGIONI DE I RVSTICALI EDIFICI, ET DESTINTIONI DI MOLTE PARTI DI QVELLE.
[74.] CAP. X. DELLE DISPoSITIONI DE GLI EDIFICII, ET DELLE PARTI LORO SECONDO I GRECI, ET DE I NOMI DIFFERENTI ET MOLTO DA I COSTVMI D’ITALIA LONTANI.
[75.] CAP. XI. DELLA FERMEZZA ET DE LE FONDA MENTA DELLE FABRICHE.
[76.] IL FINE DEL SESTO LIBRO.
[77.] DELLA ARCHITETTVRA DI M. VITRVVIO.
[78.] PROEMIO.
[79.] CAP. I. DE I TERRAZZI.
[80.] CAP. II. DI MACERAR LA CALCE PER BIANCHEGGIARE ET COPRIRE I PARETI.
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Vit. ce inſegna le ſorti dell’arena, i ſegni di conoſcerla, quello che in caſo di necesſità douemo fare, i diffetti, & l’utilità di quelle ſorti; & il tutto
è
quiſotto manifeſto.
Plinio di questo luogo ſe ne ſerue al duodecimo capo del trenteſimo quinto libro. La ſoſtaza, della terra è in tre modi
uariata
, la groſſa è detta arena, la ſottile Argilla, la mediocore commune, l’arona è ſterile, &
non è atta ad eſſer formatain alcun modo, l’argil-
1110 la è buona, &
per notrire l’berbe, & per eſſer adoperata in molte ſorme era di queſta ſorte quella terra bianca gia detta Taſcon ium, dellaqua-
le
in Hiſpagna ſopra gli altimonti ſi faceuano i luoghi alti delle guardie, &
à di noſtri (come riferiſce l’Agricola) è una torre di queſta terra
appreſſo
una città di Saſſonia detta Coruerco, piu ſicura dal ſuoco, daiuenti, &
dalle pioggie, che ſe ſuſſe ſatta di pietre, perche per la fua
grauità
reſiſte all’impeto de iuenti, per lo ſuoco piu s’indura, &
non riceuendo l’bumore non ſi riempie d’acque, & però eſſer deue graſſa, ſot
tile
, eſpeßa, ma tornamo all’Arena.
Trouaſi arena di caua queſta tiene il primo grado di bontà. Trouaſi ancho arena di fiume ſotto il primo
ſuolo
, &
di torrente ſotto la balza, oue l’acque ſcendono. Trouaſi ancho di mare, queſta per eſſer buona, biſogna che negrizzi, & ſia come
uetro
lucida.
I colori dell’arena ſono il nero, il branco, & ilroſſo, la nera è aſſai buona, la biancha tra quelle dicaua e la peggiore, la roßa ſi
uſa
à Roma, il carbuncino è terra arſa dal ſuoco ne i montirinchiuſo piu ſoda di terra non cotta piu molle del toſo, &
piu commendabile,
L’arena
con ghiara meſcolata e utile alle fondamenta, &
è piu commendata la pi minua, angulare, & ſenza terra, Tra le marine arene la piu
groß
, &
la piu uicina alle riue è la migliore, preſto ſi ſecca quella del mare, & preſto ſi bagna, & ſi disfa per lo ſalſo, & non ſoſtenta il
2220 peſo, l’arena di fiume è buona per le intonicature, l’arena di caua à i uolti continuati, è pero graſſa, tenace, &
ſi fende, Delle ſpecie di caua,
e
nighlior quella che ſtride eſſendo ſtropicciata, &
che ſopra i bianchi panni non la ſcia macchia sdrucciolando giu, ò crollandoſi, la pozzolana
da
mirabil fermezza alle opere, e ſpecialmente à gli edificij fatti nell’acque di queſta ne parler à vit.
qui ſotto.
CAP. V. DELLA CALCE, ET DEL MODO
D’IMPASTARLA
.
HAvendosi chiaro quello, che appartiene alla copia dell’arena, biſogna, ancho uſar diligenza
3330 che la calce cotta ſia di pietra bianca, ouero di ſelice, &
quella, che di piu ſpeſſa, & dura pietra, e fat-
ta
, piu utilmente ſi adopera nelle murature, ma quella che ſi fa di ſpugnoſa, buona ſi troua nelle in
tonicature
.
Quando le calce ſerà eſtinta, allhora la materia in queſto modo ſi deue meſcolar,e che pi-
gliandoſi
arena di caua tre parti di eſſa, &
una di calce ſi meſchia ſe di fiume, ò di mare due parti di
arena
, &
una di calce, & coſi giuſta uerrà la ragione della malta, & della tempra ſua, & ancho ſe
nell’arena
di nume, ò di mare peſte ſeranno le ſpezzautre di teſte, &
criuellati aggiunta la terza parte, farà la tempra
della
materia migliore.
Ma perche la calce riceuendo l’acqua, & l’arena piu ſoda faccia la muratura, è ſtruttura; que
ſta
pare che ſia la ragione Perche i ſasſi à guiſa de glialtri copri ſono de gli elementi compoſti, &
quelli che nella
loro
miſtura hanno più dello aerre ſono teneri, quelli che abondano d’acqua ſono lenti per l’humore, quelli, che han-
4440 no piu della terra ſono duri, quelli oue predomina il fuoco ſono fragili.
Et però di queſti corpi ſei ſasſi prima, che ſia
no
cotti peſtati minutamente, &
con l’arena meſcolati ſeranno adoperati, ne ſi faranno ſodi, ne potaranno tenere
unita
la fabrica.
Ma quando nella fornace preſi del gran feruore del fuoco perduoto, haueranno la uirtù della loro
ſodezza
, allhora abbrucciate, &
conſumate le forze loro reſtano con bucchi, & fori aperti: & uoti il liquore adun-
que
, che è nel corpo di quella pietra, &
lo aere eſſendo conſumato, & leuato, & hauendo il reſto del calore in ſe na-
ſcoſo
poſto, che è nellacqua, prima che il fuoco eſca fuori, ricouera la forza, &
penetrando l’humore nella rarità de
i
Fori bolle, &
coſi raffreddato manda fuori del corpo della calce il feruore, & però i ſasſi tratti dalla fornace, non ri-
ſpondeno
alloro primo peſo, &
benche habbiano la iſteſſa grandezza, pure quaſi della terza parte del peſo mancar
fi
trouano, poi che è aſciutto il liquore.
Eſſendo adunque i bucchi loro aperti, & rari pigliano la meſcolanza dell’a-
rena
, &
ſi accompagnano, & ſeccandoſi con le pietre ſi raunano, & ferma fanno la muratura.
5550
Della calce ſi tratta nel preſente luogo, la natura è materia, & la comparatione della materia, di che ſi ſa la calce. Ogni pietra da humori pur-
gata
ſecca, fracle, &
che non habbia coſa da eſſer conſumata dal fuoco è buona per far la calce. Gliarchitetti antichi lodauano la calce ſatta
di
pietra durisſima, ſpeſſa è candiada, noifacemo ottima calce de i cuocoli della Piaue.
Vitr. lodò la ſelice, benche altri dica che ogni pietra ca-
uata
per ſar la calce ſia della raccolta migliore.
& diombroſa, & humida caua piu toſto, che di ſecca, & di bianca meglio ſi adopera,
che
di bruna.
Quella calce, che è fatta di pietre da macinare è di natura graſſa ſe non ha ſale, & è piu ammaßata, erotta con lima getta pol-
ue
.
Cuoceſi in hore ſeßanta la pietra di che ſi ſa la calce, & la piu lodata deure reſtar il terzo piu leggiera della ſua pietra, ma è coſa mirabile
del
bollimento che ella ſa quando è cotta gettandoſele dell’acqua ſopra.
Leggeſi in Santo Agoſtino al quarto capo del uenteſimo primo libro
della
Città di Dio, questo bello ſentimento.
La calce concepe il ſuoco dal ſuoco, & eßendo la zolla fredda immerſa nell’acqua ſerua il
fuoco
naſcoſo dimodo, che egli à niun ſenſo e maniſeſto, ma però ſi ha per iſperienza, che ſe bene il fuoco non appare ſi ſa che egli ui
è
dentro, per il che chiamiamo quella calce uiua, come, che il fuoco naſcoſo ſia l’anima inuiſibile di quel corpo uiſibile, ma quanto è
6660 mirabile che mentre ella ſi eſtingue, piu ſi accenda?
& per leuarle il fuoco occulto ſi le inſonde l’acqua? & eßendo prima fredda indi boglie,
di
doue tutte le coſe boglienti ſi raffreddano, pare adunque che quella zolla eſpire, mentre appare il fuoco, che ſi parte, &
finalmente è
come
morta, in modo che gettatoui di nouo l’acqua, ella piu non arde, &
quella calce, che prima era chiamata uiua, poieſtinta, & morta
ſi
chiama, &
di piu ſi ha, che la calce non boglie ſe ui ſer à infuſo l’glio. Dico adunque, che il calore, che la calce acquiſta nella fornace rin-
chiuſo
in eßa ſi restrigne fuggendo dal freddo dell’acqua, come da ſuo nimico, &
per tale unione ſi rinforza, e diuenta ſuoco, & però l’ac-
qua
accende la calce che coſi non accende la cenere, perche nella cenere ſi conſuma il calore, però la calce tratta di fornace dal ſuoco purga-
ta
ſonora, e leggiera, e lodata, e masſimamente ſe bagnata con ſtrepito euapora, ma con questa piu ſpeßa diuenta con ſabbia angulare, piu
tenace
con la terza parte di teſtole peſte, &
bene incorporate, & ben battute, ma noi paßamo à Vitr. che ci propone la merquiglioſa natu-
ra
della polue detta Pozzolana, &
dice.
7770

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